Lo Stato sarebbe pronto a investire in TIM attraverso Cassa Depositi e Prestiti che ad esempio già controlla Open Fiber al 50%, insieme con Enel.
La “banca di stato” che opera similmente a quanto fa una banca d’affari e che quindi investe denaro negli asset ritenuti strategici per lo sviluppo del Paese, potrebbe acquistare tra il 2% e il 5% di TIM mettendo i bastoni tra le ruote ai francesi di Vivendi e favorendo l’ascesa del fondo statunitense Elliott (i primi oggi quasi al 24% delle quote di TIM; il secondo attestato sul 10%).
Secondo le “voci di corridoio”, l’operazione avrebbe ottenuto il placet delle principali forze politiche e mirerebbe evidentemente a lasciare nelle mani statali una parte del controllo sulla rete d’accesso, considerata essenziale nell’ottica dei futuri sviluppi e dell’integrazione con Open Fiber.
L’azione del governo uscente dovrebbe avere come risultato quello di rendere meno aspra la lotta per l’insediamento dei consiglieri ai vertici societari e palesare la posizione dello Stato che ha tutto l’interesse e avrebbe anche la determinazione di tenere per sé l’infrastruttura nazionale.
Una mossa che getta le premesse per quello scorporo della rete, non inviso neppure all’amministratore delegato di TIM Amos Genish, e per un’eventuale fusione con Open Fiber dei quali avevamo parlato proprio qualche settimana fa: Via libera per lo scorporo della rete TIM e per la fondazione di una Netco.