Le osservazioni che Facebook ha reso note, nei giorni scorsi, in merito al disegno di legge 773 (“pacchetto sicurezza”) presentato dal senatore D’Alia, hanno già fatto il giro del mondo.
I responsabili del popolarissimo social network si sono dichiarati preoccupati per un’eventuale approvazione, nel nostro Paese, del disegno di legge. In un’intervista rilasciata a Bloomberg, Facebook ha paragonato quanto previsto nel disegno legge alla chisura di un’intera stazione ferroviaria a causa della pubblicazione di graffiti offensivi sulle mura della struttura.
Secondo quanto al momento previsto nel disegno di legge, i provider Internet sarebbero obbligati a “bloccare”, entro 24 ore dalla richiesta del Ministero, la pagina o le pagine all’interno delle quali siano stati pubblicati contenuti che istighino a delinquere o a disobbedire alle leggi, commettano apologie di reato previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali. Nel caso in cui il provider non dovesse intervenire, potrebbe essere soggetto ad un’ammenda compresa tra 50.000 e 250.000 euro e rischiare di essere incriminato per corresponsabilità in reati di apologia od istigazione.
Il senatore D’Alia aveva ricordato come su Facebook vi fossero gruppi inneggianti a boss mafiosi così come a personaggi che si sono macchiati di gravi reati. Debbie Frost, portavoce di Facebook, ha voluto precisare come il sito di social network sia da sempre attivo nella rimozione di pagine che incitano alla violenza e che già gli strumenti che fornisce il servizio online riescono, grazie alle segnalazioni degli utenti, a smascherare i contenuti non permessi dal regolamento della comunità.
Marco Pancini, responsabile per le relazioni istituzionali di Google in Italia, ha spiegato come i provider non abbiano modo di bloccare singoli elementi dai vari siti web. Se la norma fosse approvata, ciò implicherebbe il blocco di intere piattaforme.
Nella nota che il Senatore D’Alia ci ha fatto pervenire, viene ribadito come la norma introdotta con l’articolo 50 bis del pacchetto sicurezza non farà chiudere alcun sito o social network. “Serve solo a rafforzare i poteri repressivi dell’autorità giudiziaria nel caso in cui si proceda per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi o per apologia di reato“, ha osservato D’Alia. “Solo se vi sono concreti elementi in forza dei quali l’autorità giudiziaria ritiene che qualcuno compia questa attività illecita su Internet, il Ministro dell’Interno può intervenire decretando l’interruzione della sola attività illecita.” In ogni caso è sempre previsto il ricorso all’autorità giudiziaria contro i provvedimenti sanzionatori del Ministero. La norma quindi, secondo il Senatore, garantisce solo alle autorità più poteri per la repressione dei singoli reati e si dichiara aperto a soluzione alternative che consentano di raggiungere lo stesso obiettivo.