Le multe per chi guarda contenuti pirata sono davvero automatiche? I superpoteri AGCOM

La legge 93/2023, conosciuta anche come "legge anti pezzotto", è stata promulgata per combattere la pirateria online, dando ad AGCOM poteri straordinari per bloccare la diffusione di contenuti protetti da copyright. Attraverso il sistema Piracy Shield, l'Autorità può intervenire rapidamente bloccando indirizzi IP e domini utilizzati per trasmettere contenuti piratati. Ma è vero che per i fruitori di contenuti arriveranno multe automatiche?

La legge 93/2023, promulgata il 14 luglio 2023 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 24 luglio, è intitolata “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d’autore mediante le reti di comunicazione elettronica”. Questa normativa, spesso definita “legge anti pezzotto“, si propone come un’importante iniziativa legislativa italiana volta a combattere la pirateria online e a proteggere i diritti d’autore nell’era digitale. È il nuovo “punto” di riferimento che rafforza le disposizioni in materia di tutela del diritto d’autore, introducendo sanzioni rilevanti non soltanto per chi condivide contenuti sottoposti a copyright senza averne diritto ma anche per tutti coloro che ne fruiscono in maniera illecita.

Lotta alla pirateria online: da dove arrivano i superpoteri di AGCOM

AGCOM, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, è un ente indipendente italiano istituito nel 1997 con il compito di regolamentare e vigilare i settori delle comunicazioni, inclusi i servizi di telecomunicazioni, audiovisivi, editoria, internet e posta. L’obiettivo principale di AGCOM è garantire il rispetto della concorrenza, tutelare i consumatori e promuovere lo sviluppo di un sistema di comunicazioni equilibrato e trasparente.

L’Autorità è un ente amministrativo indipendente ma la legge 93/2023, peraltro ponendosi sullo stesso solco di alcuni orientamenti pregressi, pone in capo ad AGCOM dei “superpoteri”. Senza mettere in campo le procedure della giustizia ordinaria, AGCOM è infatti chiamata a mettere in campo “provvedimenti urgenti e cautelari” a tutela dei detentori del diritto d’autore.

La ratio è evidente: le prassi abituali non sono sufficienti per intervenire tempestivamente nei confronti di chi diffonde contenuti piratati. Non è possibile attendere i tempi della giustizia per intervenire su uno streaming illecito e agire sui provider per impedirne l’accesso.

Piracy Shield: lo strumento per bloccare la diffusione online di contenuti piratati

Conosciuta come Piracy Shield, la piattaforma messa a punto da AGCOM per contrastare la diffusione di materiale piratato coinvolge un ampio numero di attori, tutti a loro volta chiamati a fornire supporto tempestivo per bloccare i flussi audiovisivi diffusi in modo illecito.

In un altro articolo abbiamo visto che AGCOM può disporre il blocco degli indirizzi IP usati per le trasmissioni piratate, non solo limitarsi all’imposizione di restrizioni a livello di record DNS. È un “cambio di passo” importante perché per la prima volta si prevedono interventi a livello di rete.

Guardate la cosiddetta “pila ISO/OSI“: la risoluzione dei nomi di dominio via DNS sta al livello applicativo (quello più in alto in assoluto); la gestione degli indirizzi IP è molto più in basso.

La legge 93/2023 prevede che AGCOM ordini “ai prestatori di servizi, compresi i prestatori di accesso alla rete, di disabilitare l’accesso a contenuti diffusi abusivamente mediante il blocco della risoluzione DNS dei nomi di dominio e il blocco dell’instradamento del traffico di rete verso gli indirizzi IP univocamente destinati ad attività illecite“. Inoltre, AGCOM ordina “il blocco di ogni altro futuro nome di dominio, sottodominio o indirizzo IP, a chiunque riconducibili, comprese le variazioni del nome o della semplice declinazione o estensione (cosiddetto top level domain), che consenta l’accesso ai medesimi contenuti diffusi abusivamente e a contenuti della stessa natura“.

Superpoteri che trasformano AGCOM in un vero e proprio sceriffo capace di disporre non solo interventi di blocco a livello di DNS e IP ma addirittura, stando a quanto prescrive la normativa, di interi TLD. Ricordiamo che i TLD (Top-Level Domain) sono i domini di primo livello nella struttura gerarchica del sistema dei nomi di dominio su Internet. Un dominio di primo livello è la parte finale di un nome di dominio, separata dal punto finale.

Le sanzioni per chi distribuisce contenuti piratati e per chi se ne avvantaggia

Se, a seguito dei controlli effettuati, l’Autorità riuscisse a individuare i distributori dei contenuti piratati, per questi soggetti può scattare una sanzione penale (oltre a quella amministrativa) che prevede fino a 3 anni di reclusione.

L’articolo 3 della legge 93/2023 prevede inoltre sanzioni fino a 5.000 euro per chi visiona, scarica o comunque acquisisce contenuti piratati senza averne titolo. A questo proposito, si è parlato dell’arrivo di multe automatiche per i fruitori di contenuti soggetti a copyright, illecitamente pubblicati online.

La normativa prevede tuttavia anche delle sanzioni piuttosto salate per i provider di telecomunicazioni e per tutti gli altri soggetti aventi titolo che non dovessero dar seguito agli ordini di AGCOM oppure che si astenessero dal fornire la loro collaborazione. In questi casi, la sanzione amministrativa può arrivare fino al 5% del fatturato annuo globale.

Le multe per chi guarda contenuti pirata sono davvero automatiche?

Da qualche settimana registriamo un pressing mediatico senza precedenti sull’argomento AGCOM e multe automatiche per chi guarda contenuti protetti dalla normativa sul diritto d’autore senza averne alcun diritto.

Si parla essenzialmente di partite di calcio, anche se la legge 93/2023 non fa distinzione tra tipologie di contenuti: possono essere eventi sportivi live ma anche film, serie TV, ebook, copie di giornali e altri contenuti editoriali protetti. Sebbene si parli di legge anti pezzotto, in realtà la normativa approvata ha un respiro decisamente più ampio.

Nel gergo contemporaneo, il termine pezzotto è utilizzato per indicare un dispositivo o un sistema che consente di accedere illegalmente a contenuti televisivi a pagamento. Questo uso è emerso con l’aumento della pirateria digitale e si riferisce a dispositivi o servizi che permettono la visione di canali televisivi senza il pagamento di un regolare abbonamento.

AGCOM ha firmato un protocollo d’intesa con la Guardia di Finanza e la Procura della Repubblica di Roma. L’accordo consente uno scambio di informazioni per identificare e sanzionare gli utenti che usufruiscono di contenuti piratati, facilitando l’accesso ai dati dei soggetti coinvolti.

Raccogliere gli indirizzi IP degli utenti è complicato: ecco perché

Il fatto è che difficilmente le multe possono essere “automatiche”, nel senso letterale della parola. Scoprire chi beneficia di contenuti piratati è un “lavoraccio”: significa seguire diverse “piste” che vanno dal monitoraggio del traffico in tempo reale verso specifici IP e indirizzi mnemonici all’analisi degli eventuali log presenti sui server pirata. Sono tutte attività che possono essere effettuate ma che richiedono una collaborazione attiva di una platea immensa di soggetti (a partire dagli operatori di telecomunicazioni) e che possono sollevare ben più di qualche reprimenda da parte del Garante Privacy.

Già non è facile bloccare chi diffonde i contenuti pirata, figurarsi risalire puntualmente ai fruitori degli stessi. Che possono tra l’altro utilizzare VPN o veri e propri strumenti di anonimizzazione come Tor Browser, anche se quest’ultimo non è orientato alle prestazioni.

Ed ecco infatti che in alcuni recenti emendamenti alla legge 93/2023 è apparso il tentativo di coinvolgere anche i gestori di VPN e resolver DNS alternativi (senza specificare quale sia l’esatta definizione di “alternativi”).

La stretta su VPN e server DNS “alternativi”

AGCOM può di fatto chiedere a un provider VPN di bloccare l’accesso a specifici siti e indirizzi IP, indipendentemente dalla sua sede e dalla posizione geografica dei suoi server. Non solo secondo noi ma anche secondo tanti giuristi, si tratta di una norma di difficile applicazione. Basti pensare che molte VPN hanno sede in Paesi estranei non solo, ovviamente, alle disposizione italiane ma anche alle leggi dell’Unione Europea. Si trovano all’interno di giurisdizioni che in molti casi, tra l’altro, non obbligano neppure a mantenere i log delle attività degli utenti.

D’altra parte l’assenza di registri sulle attività svolte online è un vanto per molte VPN, che si gloriano di offrire un servizio capace di tutelare la privacy degli utenti.

C’è sempre il mazzafrusto della sanzione fino al 5% del fatturato annuo. Ma anche qui, siamo davvero sicuri che sia concretamente possibile sanzionare una VPN con sede a Panama o nelle Isole Vergini Britanniche? Rimane l’ultima ratio del blocco delle attività in Italia: difficile da mettere in pratica per la stessa natura mutevole delle VPN.

Seguire i flussi di denaro: questo è l’obiettivo reale

Al netto di tutto, sebbene la legge 93/2023 abbia un respiro decisamente ampio, pare che il termine “anti pezzotto” – utilizzato colloquialmente per riferirsi a questi provvedimenti – non sia uscito “a caso”. Il pezzotto inteso come dispositivo IPTV gestito dalla criminalità non è fornito gratuitamente. In questo caso ci sono pagamenti che sono tracciabili, oltre a un collegamento piuttosto diretto tra l’indirizzo IP dei fruitori dei contenuti e la piattaforma che li mette illecitamente a disposizione.

In queste situazioni, è decisamente più facile ricostruire il flusso delle comunicazioni scovando non solo chi condivide i contenuti ma anche chi ne beneficia.

Credit immagine in apertura: iStock.com – gaby_campo

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