La SIAE (“Società Italiana degli Autori e degli Editori“) ha pubblicato un nuovo intervento per sostenere una rapida approvazione della disposizione firmata AGCOM, della quale abbiamo abbondantemente parlato nei giorni scorsi (gli ultimi aggiornamenti in questa pagina).
L’ente, che agisce come intermediario tra il pubblico ed i detentori dei diritti sulle opere soggette al diritto d’autore, ha pubblicato dieci domande con l’intento di avviare un dibattito sul tema della lotta alla pirateria digitale.
I quesiti sollevati dalla SIAE sono consultabili a questo indirizzo e ruotano attorno agli stessi argomenti. “Perché il diritto d’autore, che fuori dalla rete è riconosciuto, in rete non deve essere remunerato? Perché coloro che criticano il provvedimento AGCOM non criticano anzitutto il furto della proprietà intellettuale? Perché impedire la messa in rete di proprietà intellettuale acquisita illegalmente dovrebbe essere considerata una forma di censura? Perché dovrebbe risultare ingiusto colpire chi illegalmente sfrutta il lavoro degli altri? Perché si ritiene giusto pagare la connessione della rete, che non è mai gratis, ed ingiusto pagare i contenuti? E perché non ci si chiede cosa sarebbe la rete senza i contenuti?“, sono alcune delle prime domande.
E ancora, vengono citati l'”equo compenso“, uno strumento che secondo la SIAE verrebbe da alcuni “strumentalmente chiamato tassa“, la libertà dei consumatori (“quale libertà? Quella di scegliere cosa acquistare ad un prezzo equo o quella di usufruirne gratis (“free syndrome”) solo perché qualcuno che l’ha “rubata” te la mette a disposizione?“, scrive la SIAE), l'”industria della cultura”, che in Italia occupa quasi mezzo milione di persone.
Tra i commenti più critici, registriamo quello dell’avvocato Fulvio Sarzana – uno dei promotori, insieme con il suo studio legale, della protesta nei confronti della proposta AGCOM -. Secondo Sarzana, sarebbe stata la stessa AGCOM a sostenere “che con l’online la SIAE non c’entra nulla“. E continua: “se la SIAE non c’entra niente con questa vicenda ci domandiamo noi perché, e a beneficio di chi, la SIAE pone dieci domande che non la riguardano?”
Sarzana aggiunge che “le dieci domande peraltro meriterebbero risposte puntuali se solo si evitasse, come sempre accade in questi casi di adottare termini tipo “furto” di proprietà intellettuale ad opera dei cittadini della rete proprio nel momento in cui l’AGCOM, recependo in qualche modo le istanze dei difensori delle libertà civili su Internet, estende il concetto di fair use, ovvero di uso amatoriale cercando un difficile equilibrio tra diritto d’autore e gli usi amatoriali, quelli di critica e di discussione e l’imprescindibile diritto di cronaca“.
In molti già hanno cominciato ad osservare come gran parte dei contenuti prodotti in Rete non siano necessariamente prodotti da soggetti tutelati dalla SIAE ma siano generalmente realizzati da semplici appassionati, professionisti e società che veicolano materiale “inedito” a titolo non oneroso oppure con modelli di business nuovi, costruiti appositamente traendo massimo beneficio dalle specificità tecniche e tecnologiche del web.
Secondo il parere di molti giuristi, la condanna della pirateria digitale deve essere netta ma, allo stesso tempo, è necessario il giusto equilibrio tra la tutela dei diritti degli autori e la libertà d’espressione del cittadino.
Proprio recentemente lo studio legale Sarzana aveva pubblicato alcuni esempi di situazioni in cui impianti normativi che spostassero la barra troppo verso una parte, potrebbero causare non poche difficoltà (ved. questa pagina).
Alcuni legali fanno notare come gli strumenti per perseguire chi pubblica materiale coperto dal diritto d’autore già ci siano e – scrive l’avvocato Guido Scorza sul suo blog – si starebbe configurando uno scenario nel quale “una piccola Autorità amministrativa semi-indipendente (…) pretende di esercitare, in assoluta autonomia, i tre poteri dello Stato: quello legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario“.
Prese subito di mira anche le osservazioni sull'”equo compenso” sollevate dalla SIAE. I responsabili dell’ente scrivono: “perché non sono chiamate tasse i compensi di medici, ingegneri, avvocati, meccanici, idraulici, ecc.?“. Una domanda che ricorre in queste ore e che proviene da numerose direzioni, anche sulla pagina Facebook appena varata, riguarda il perché il cittadino debba versare un contributo (il cosiddetto “equo compenso”) quando acquista dei supporti di memorizzazione od addirittura dispositivi hardware quali lettori MP3, iPod e così via. L'”equo compenso” (maggiori informazioni sull’argomento sono reperibili in queste pagine) è una sorta di indennizzo sull’utilizzo e la copia privata delle opere protette da diritto d’autore; ma se l’utente, sui supporti che acquista, si limita a memorizzare esclusivamente le foto della famiglia o quelle dei propri viaggi?