Secondo la Corte di Cassazione, gli insulti trasmessi via e-mail sarebbero meno molesti di quelli pervenuti attraverso il mezzo telefonico. Il caso è quello di una donna che aveva ricevuto, per posta elettronica, “apprezzamenti gravemente lesivi della dignità e della integrità personale e professionale” del convivente. Con la sentenza 24510, la Corte ha chiuso la vertenza stabilendo che “il fatto non è previsto dalla legge come reato” ed infliggendo al mittente dell’e-mail una sanzione pari ad appena 200 Euro.
Stando a quanto deciso dai giudici, un messaggio di posta elettronica dal contenuto offensivo non può essere posto sullo stesso piano rispetto ad SMS e chiamate telefoniche che costituirebbero maggior molestia. “La comunicazione si perfeziona solo se e quando il destinatario, connettendosi a sua volta all’elaboratore e accedendo al servizio, attivi una sessione di consultazione della propria casella di posta elettronica e proceda alla lettura del messaggio“, ha osservato la Corte di Cassazione. Nella sentenza, che già sta facendo discutere, si sostiene insomma che la ricezione di un’e-mail non comporta alcuna intrusione diretta del mittente del messaggio nelle attività del destinatario (come invece accade nel caso di una telefonata o di una “citofonata”).
Dal punto di vista prettamente tecnico, forse sarebbe opportuno considerare come anche l’arrivo di un’e-mail, specie in ambito professionale, possa causare l’interruzione delle attività del destinatario. E’ sufficiente che questi stia lavorando dinanzi al personal computer ed abbia attivano un avviso visivo od acustico (possibilità comunemente offerta da tutti i client di posta). Per non parlare del tempo necessario per gestire e trattare adeguatamente tutti i messaggi indesiderati.