I rappresentanti del Parlamento Europeo, il Consiglio dell’Unione Europea e la Commissione europea comunicano di aver raggiunto un accordo sulle norme condivise che mirano ad “aprire” i motori di ricerca e le principali piattaforme online con lo scopo di venire incontro alle necessità delle piccole imprese e dei commercianti.
Stando ai risultati di un’indagine promossa dalla Commissione europea, il 42% delle piccole e medie imprese (PMI) ha dichiarato di utilizzare strumenti online per vendere prodotti e servizi. Il 50% delle imprese europee ha incontrato problemi durante l’utilizzo delle piattaforme online; circa il 38% delle problematiche legati a temi contrattuali resta irrisolto mentre il 26% dei casi viene risolto con difficoltà. Di conseguenza, si spiega nella nota, circa 1,27-2,35 miliardi di euro vengono persi nelle attività di vendita.
Con le nuove regole, si vuole “creare un ambiente commerciale equo, trasparente e prevedibile” per commercializzare in rete i propri prodotti e servizi, senza subire “vessazioni” da parte di multinazionali con le quali il dialogo si rivela spesso molto complicato se non impossibile.
“Il nostro obiettivo è quello di vietare alcune delle pratiche più sleali e creare un punto di riferimento per la trasparenza, salvaguardando al tempo stesso i grandi vantaggi delle piattaforme online sia per i consumatori che per le imprese“, ha dichiarato Andrus Ansip, vice presidente della Commissione europea.
Le novità preannunciate in sede europea non vengono ancora chiarite dal punto vista prettamente tecnico-operativo.
Le piattaforme online non potranno più chiudere o sospendere gli account delle imprese senza fornire adeguate spiegazioni; dovranno essere usati termini chiari e comprensibili oltre a un sufficiente preavviso per le modifiche contrattuali; dovranno concessi almeno 15 giorni di tempo per lasciare alle aziende il tempo materiale per adeguare le loro attività alle modifiche. Termini di preavviso più lunghi devono necessariamente applicarsi se le modifiche richiedessero adattamenti complessi.
Si pensi a quelle imprese che sono registrate su più servizi online e che pubblicizzano le proprie attività usando tali strumenti: l’Europa desidera maggiore trasparenza e collaborazione.
Tutte le piattaforme dovranno istituire un sistema interno di gestione dei reclami per assistere gli utenti commerciali. Solo le piattaforme più piccole in termini di numero di persone o di fatturato saranno esentate dall’obbligo. Inoltre sarà creato un punto di riferimento a livello europeo per avanzare le proprie contestazioni e ricevere risposte puntuali da aziende che non sembrano direttamente raggiungibili attraverso i canali tradizionali.
Il documento pubblicato, però, tocca anche un tema particolarmente sensibile: Parlamento Europeo, Consiglio dell’Unione Europea e Commissione europea pretendono che i motori di ricerca svelino i principali parametri utilizzati per mostrare i risultati agli utenti in seguito a una qualunque interrogazione.
Com’è noto, Google utilizza centinaia se non migliaia di “segnali” per definire l’ordine dei siti web nelle SERP. Alcuni fattori di valenza generale sono ampiamente noti mentre altri sono gelosamente custoditi da parte della società di Mountain View.
Riteniamo impossibile un’apertura di Google sul funzionamento recondito dei suoi algoritmi di ranking mentre è altamente probabile che se le nuove norme europee venissero definitivamente approvate l’azienda fondata da Larry Page e Sergey Brin si limiterà alla pubblicazione di una guida con una serie di informazioni di carattere generale.
Difficile infatti che l’Europa possa imporre la condivisione di informazioni tecniche o dati particolareggiati. Google, anche nel corso di una recente audizione dinanzi al Congresso USA, ha sempre rimarcato di modificare frequentemente il comportamento degli algoritmi di ranking ma che nessuna modifica è pensata ed eseguita per favorire o penalizzare determinati risultati: Il CEO di Google, Sundar Pichai, risponde alle domande del Congresso USA.
Semmai, secondo le nuove regole volte alla maggiore trasparenza, le piattaforme online dovranno rivelare in modo esaustivo ogni vantaggio che possono dare ai propri prodotti rispetto ad altri. Tradotto: se Google offre un servizio di ecommerce, deve chiarire con quale criterio esso appare prima di altri servizi concorrenti.