L’Egitto è di nuovo online. Mentre le dimostrazioni contro Mubarak continuano e le Camere vengono sciolte, gli egiziani sono di nuovo connessi col resto del mondo. Le home page dei principali provider Internet del Paese sono state le prime a tornare raggiungibili dall’estero ed i cittadini si sono riversati, da subito, sui social network per pubblicare le loro testimonianze aggiornate dopo cinque pesantissimi giorni di silenzio forzato.
L’iniziativa governativa, che abbiamo illustrato in questo articolo, ha provocato l’azzeramento delle tabelle di routing (protocollo BGP) utilizzate per smistare il traffico dati da e verso l’Egitto (in figura, le rotte di Telecom Italia Sparkle da e verso l’Egitto; ved. anche questa pagina). Sia Google che Arbor Networks hanno rilevato la completa chiusura dei “rubinetti” della Rete esponendo grafici molto eloquenti.
Il “Transparency report” di Google (ved. questo indirizzo) ben evidenzia il blackout verificatosi in Egitto dal 28 gennaio e già rileva il ritorno alla normalità iniziato delle scorse ore.
Poche sono le nazioni che, a livello mondiale, hanno sinora applicato un’operazione censoria talmente pesante e nessuna di esse ha mai deciso un intervento così radicale e su una così vasta scala.
Nel suo “Transparency report“, Google indica – per ciascuna nazione – quante richieste di rimozione dei contenuti sono pervenute al “quartier generale” dell’azienda ed a quali servizi (motore di ricerca, YouTube, pagine su Blogger, gruppi, GMail,…) si riferiscono tali istanze. Va comunque detto che alcune richieste di eliminazione dei contenuti sono da considerarsi assolutamente legittime: non si tratta di censura quando, ad esempio, un tribunale abbia disposto la cancellazione di informazioni pubblicate in violazione di norme vigenti. La sezione “Traffic” del sito mostra, in forma grafica, l’andamento dell’utilizzo di ciascun servizio targato Google: analizzando pazientemente il quadro riferito a ciascuna nazione, è possibile stabilire se siano in atto azioni di censura o se comunque vi siano problemi di raggiungibilità dei servizi del colosso di Mountain View.