La vicenda è nota: lo scorso aprile il sostituto procuratore del Tribunale di Cagliari – Giangiacomo Pilia – aveva disposto “l’oscuramento” del sito BTjunkie.org, un aggregatore di file Torrent che mette a disposizione degli utenti, la possibilità di effettuare ricerche tra le centinaia di migliaia di file disponibili. Il sito canadese, pur non ospitando fisicamente sui propri server materiale protetto dalle disposizioni a tutela del diritto d’autore, offre link che consentono l’individuazione facilitata ed il download diretto dei file d’interesse (previa installazione di un client Torrent).
Dal momento che gran parte dei contenuti più scaricati dagli utenti di BTjunkie.org sono distribuiti in Rete in modo non autorizzato e quindi illegale, il Tribunale sardo ha deciso, nell’ambito dell’operazione battezzata “Poisonous Dahlia“, di disporne il blocco immediato. A tutti i provider Internet italiani è stato ordinato di impedire l’accesso al sito web straniero. Gli ISP si sono quindi subito attivati agendo sulla risoluzione del nome a dominio (che viene ora generalmente tradotto nell’IP di loopback 127.0.0.1) così come sull’alterazione delle tabelle di routing in modo tale da non inviare a destinazione i pacchetti dati.
Due provider – Fastweb e NGI – sembra non abbiano ottemperato alle indicazioni del giudice cosicché è partita, nei loro confronti, l’accusa di favoreggiamento della pirateria. Le due aziende si sono però difese spiegando di aver dato seguito alle richieste pervenute dal Tribunale ed, anzi, anche l'”Associazione Italiana Internet Provider” (AIIP) ha voluto spezzare una lancia in loro favore. “L’Associazione Italiana Internet Provider è sorpresa dalla diffusione a mezzo stampa della notizia delle indagini a carico di due fornitori di accesso alla rete Internet, tra cui un proprio associato (NGI, n.d.r.) per favoreggiamento <<per non aver inibito l’accesso alla piattaforma multimediale pirata BTJUNKIE>>“, si legge nel comunicato di AIIP. “Risulta infatti ad AIIP che il proprio associato avesse invece dato immediata esecuzione all’ordinanza di inibizione dell’accesso a due “domini” e tre indirizzi IP emessa il 19 aprile u.s. dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari secondo le indicazioni operative ricevute dalla Guardia di Finanza di Cagliari, dandone conferma come richiesto“.
AIIP ha poi voluto respingere “l’accusa diffamatoria che le aziende che offrono servizi di telecomunicazioni favoriscano in alcun modo l’illegalità, quando ne sono invece fortemente danneggiate a causa della alterazione dei profili medi di traffico“.
Nelle scorse ore, l’autore di BTjunkie.org ha rilasciato dichiarazioni al vetriolo ad una testata online spiegando di essere al lavoro per tornare a consentire l’accesso al suo sito a gran parte degli utenti italiani. La provocazione? L’ideatore di BTjunkie.org vorrebbe mettere a disposizione un proxy basato su Google Apps che consentirà di “dribblare” le restrizioni. Chissà se il colosso di Mountain View permetterà tale utilizzo oppure si attiverà preventivamente per scongiurare un blocco dei suoi IP dall’Italia.
Qualche giorno fa, infatti, è stato disposto il blocco di proxyitalia.com, un sito web che funge da proxy e che permetteva di continuare a visitare BTjunkie.org nonostante i “laccioli” imposti. Sulla scia di quanto accaduto sinora, la domanda che riecheggia è la seguente: con lo scopo di bloccare un unico sito, si pensa di voler inbire l’accesso, da parte degli utenti, a migliaia di server proxy? All’utilizzo di reti VPN?
AIIP osserva: “come indicato nel corso della Consultazione Pubblica sulla tutela del Diritto di Autore sulle reti di comunicazione elettronica, AIIP ritiene invece essenziale garantire la tutela del diritto di autore contemperandola con il diritto di accesso ai contenuti digitali a condizioni eque e ragionevoli che consentano di remunerare gli effettivi titolari dei diritti fruiti“.