Secondo le indiscrezioni trapelate nelle scorse ore, AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) avrebbe approvato una pingue risoluzione che mira a fissare le regole per l’allestimento della cosiddetta rete di nuove generazione (NGN), della quale si è ampiamente parlato nei mesi scorsi.
Nel documento dell’AGCOM, che sarà pubblicato – nella sua veste definitiva – sul sito dell’Autorità, si chiariscono alcuni punti legati alla transizione dalla rete in rame a quella in fibra ottica. Telecom Italia sarà tenuta a concedere ad altri operatori l’utilizzo delle sue infrastrutture come avviene per la rete in rame adattando l’offerta alle condizioni di mercato (è il caso di grandi città come Roma e Milano). L'”unbundling” per la fibra, quindi, potrà iniziare a partire dal 2013. Ricordiamo che con il termine “unbundling local loop” (ULL) ci si riferisce alla possibilità offerta dagli operativi di telefonia di appoggiarsi, per la fornitura dei propri servizi, alle infrastrutture di proprietà di un altro operatore versando a quest’ultimo una sorta di canone d’affitto. Al termine ULL si fa spesso corrispondere l’espressione “liberalizzazione dell’ultimo miglio” facendo riferimento al cavo telefonico che collega la centrale all’abitazione od all’azienda dell’abbonato.
Prima dell’avvio dell'”unbundling” sulla fibra, l’AGCOM ha definito un regime bitstream (servizio di interconnessione all’ingrosso che consiste, da parte dell’operatore dominante, nella fornitura della capacità trasmissiva tra il cliente finale da raggiungere e il “punto di presenza” del fornitore del servizio a banda larga) legato al costo nelle zone dove Telecom Italia è l’unico operatore ed a condizioni di mercato nelle aree dove ci sono più fornitori e la concorrenza è sviluppata. L’operatore dominante, comunque, non sarà obbligato a mettere a disposizione sia unbundling che bistream.
Stefano Quintarelli, sul suo blog, solleva non poche critiche scrivendo che, con l’impianto attualmente proposto, nuovi provider non sarebbero affatto incentivati alla realizzazione di nuove reti.
Telecom, oltre che allestire un database contenente informazioni circa la disponibilità di infrastrutture civili e di fibra ottica (accesa e spenta) insieme con i relativi punti di accesso, dovrebbe comunicare i propri piani di sviluppo agli altri operatori verificando possibilità di coinvestimento che permettando di condividere il rischio e facilitare lo sviluppo di reti di nuova generazione su territori più ampi.
Per quanto riguarda le frequenze che saranno utilizzate per la fornitura di servizi a banda larga in mobilità, AGCOM auspica che possano essere messe a disposizione, oltre a quelle della banda a 800 MHz, tutte le risorse disponibili – parte delle quali in uso al Ministero della Difesa – è per le quali è stata da tempo richiesta la liberazione. La gara per l’assegnazione delle nuove frequenze, stima AGCOM, porterebbe nelle casse dello Stato una somma valutata nell’ordine di 2,4 miliardi di euro ed aprirebbe la strada alla diffusione della tecnologia LTE.
La bozza del documento stilato dall’AGCOM è stata pubblicata “in esclusiva” sul sito de Il Sole 24ORE (ved. questa pagina).
Nelle prossime ore non mancheranno certamente le prime dichiarazioni dei provider direttamente interessati dal provvedimento.