Tecnologia e salute sono due aspetti che, negli ultimi anni, si sovrappongono con sempre maggiore insistenza. Ciò comporta degli innegabili vantaggi, ma presenta anche un lato oscuro che non va per nulla trascurato.
Dati medici e cartelle cliniche, sono infatti informazioni preziose, potenzialmente obiettivi per i cybercriminali o di società senza particolari scrupoli, pronti a vendere i database ai migliori offerenti.
L’ultimo aggiornamento dell’app Health Connect di Google ha di recente introdotto il supporto per caricare le cartelle cliniche dei clienti. La compagnia di Mountain View non è però immune a furti di dati e altre potenziali situazioni spiacevoli. Inviare questo tipo di informazioni a Google può dunque essere considerato sicuro?
Questa domanda non ha una facile risposta. Di certo, non è la prima volta che questo colosso tecnologico dimostra interessa per informazioni mediche. In passato, DeepMind ha avuto accesso a 1,6 milioni di cartelle cliniche dei pazienti nel Regno Unito grazie una partnership con il Royal Free London NHS Foundation Trust. Il progetto aveva un nobile obiettivo: migliorare la diagnosi precoce delle malattie renali utilizzando l’Intelligenza Artificiale e l’apprendimento automatico di Google. Tuttavia, in seguito si è scoperto che l’accordo di condivisione dei dati violava le normative sulla privacy del paese a causa della mancanza di consenso del paziente.
Condivisione dati medici: come limitare i rischi (non solo con Google)
La possibilità di inviare cartelle cliniche a Health Connect apre uno scenario controverso. Se da una parte è una funzione comoda, che permette agli utenti di digitalizzare, caricare e organizzare i propri dati sanitari, d’altra parte richiede un certo livello di fiducia nei confronti di Google. Dovendo concedere l’autorizzazione per caricare i dati sull’app, il consiglio è quello di leggere attentamente tutta la documentazione proposta dall’azienda.
Al di là del discorso specifico relativo a Health Connect e di Google, è bene soffermarsi ogni volta che viene chiesta la condivisione o il caricamento di qualunque informazione sensibile. Un primo passo per proteggere la propria privacy, per esempio, può essere quello di porsi alcune domande: Quali sono i benefici reali di condividere questi dati? Quali sono i rischi potenziali? Esistono alternative più sicure?
A tutto ciò si aggiungono alcune precauzioni che vanno oltre i dati medici, come mantenere aggiornato il software sui dispositivi, condividere informazioni solo con app sicure e utilizzare password forti.