Inventato il primo bioprocessore accessibile online: usa 16 organoidi cerebrali

Presentato un bioprocessore basato su 16 organoidi cerebrali: unisce biologia, elettronica e informatica tradizionale per velocizzare le elaborazioni di intelligenza artificiale, rendendole anche più ecosostenibili. E può essere già usato online, con un accesso a distanza.

Gli organoidi cerebrali sono strutture tridimensionali capaci di auto organizzarsi in colture in vitro, in modo da rispecchiare alcune caratteristiche strutturali e funzionali del cervello umano. Rappresentano una scommessa cruciale perché possono aiutare a sviluppare intelligenze artificiali molto più evolute rispetto a quelle odierne. Sono infatti in grado di offrire risultati precisi, impegnando risorse energetiche ridotte. FinalSpark, una startup svizzera, ha presentato una piattaforma online rivoluzionaria che offre accesso in modalità remota a 16 organoidi cerebrali umani. Si chiama Neuroplatform ed è la prima soluzione al mondo a fornire accesso a neuroni biologici in vitro.

Cos’è un bioprocessore e come funziona

Fred Jordan e Martin Kutter, ideatori del progetto Neuroplatform, spiegano che il cuore del sistema è costituito da quattro Array Multi-Elettrodo (MEA) che ospitano tessuti viventi. Si tratta di organoidi cerebrali ovvero masse cellulari tridimensionali di tessuto cerebrale.

Ogni MEA contiene quattro organoidi, interfacciati da otto elettrodi utilizzati sia per la stimolazione che per la registrazione delle attività. I dati sono trasmessi tramite convertitori analogico-digitali (controller Intan RHS 32) con una frequenza di campionamento di 30 kHz e una risoluzione di 16 bit. Tramite un apposito software, i ricercatori possono inserire dei dati da elaborare per poi interpretare l’output del processore.

Primo bioprocessore

Gli inventori del progetto Neuroplatform: Fred Jordan e Martin Kutter (fonte dell’immagine: FinalSpark)

Consumi energetici ridotti ai minimi termini

Un aspetto cruciale della Neuroplatform, è il suo consumo energetico ridotto. Secondo i ricercatori, un bioprocessore come quello appena svelato consuma un milione di volte meno energia rispetto ai tradizionali processori digitali, offrendo così un potenziale significativo per ridurre l’impatto ambientale del calcolo legato alle applicazioni di intelligenza artificiale.

Il numero uno di ARM, Rene Haas, ha calcolato quanta energia consumano i modelli generativi odierni. E la tendenza e in continuo aumento, mal conciliandosi con le sempre più pressanti esigenze volte alla promozione di soluzioni sostenibili.

I responsabili di FinalSpark evidenziano che l’addestramento di un singolo LLM (Large Language Model) come GPT-3 ha richiesto circa 10 GWh di energia, un consumo energetico 6.000 volte superiore a quello di un cittadino europeo medio in un anno. E GPT-3 di OpenAI non è oggi neppure il modello più evoluto.

I bioprocessori, con il loro basso consumo energetico, potrebbero ridurre drasticamente questa enorme spesa energetica, facendo guardare a un futuro più sostenibile nell’ambito del computing.

Le aspettative di vita degli organoidi

Uno dei principali vantaggi dei processori costruiti sul silicio è la loro longevità: si parla di anni, a volte decenni. Sebbene le strutture neuronali che formano i bioprocessori di FinalSpark abbiano una durata di vita relativamente lunga, sono al momento adatte solo per esperimenti che durano mesi. Inizialmente, i MEA dell’azienda elvetica hanno fatto registrare una vita di appena poche ore. Le successive ottimizzazioni, però, hanno già esteso la durata degli organoidi a circa 100 giorni. Questo fronte temporale tenderà tuttavia a crescere ancora.

Decine di università hanno già manifestato il loro interesse ad accedere alla piattaforma Neuroplatform. Per utilizzarla, FinalSpark richiede al momento la sottoscrizione di un abbonamento mensile pari a 500 dollari per utente.

La Neuroplatform rappresenta un passo avanti significativo nel campo del biocomputing, combinando biologia, elettronica e informatica tradizionale come mai fatto prima. Con il suo contenuto consumo energetico e le capacità avanzate di elaborazione, la piattaforma ha il potenziale di rivoluzionare il calcolo, riducendo al contempo l’impatto ambientale.

L’anno scorso il noto microbiologo Thomas Hartung sosteneva tuttavia che gli attuali organoidi cerebrali sono troppo piccoli. Ciascuno contiene circa 50.000 celle; per arrivare a un’intelligenza organoide ne servono 10 milioni. Lo sviluppo delle tecnologie bioinformatiche, tuttavia, prosegue spedito.

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