Si parla sempre più di “Internet delle cose” ossia di quegli oggetti di utilizzo comune (si pensi ad un normale frigorifero) che acquisiscono una sorta di intelligenza artificiale grazie al software precaricato ed alla disponibilità della connessione di rete.
Molto interessante, a tal proposito, il recente studio dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano presentato nel corso di un convengno svoltosi presso il polo accademico della città meneghina.
Un mercato nuovo, vivo, che vedrebbe l’Italia già posizionata – almeno in questo settore – ai primi posti: 6 milioni di oggetti, nel nostro Paese (escludendo i tradizionali computer, smartphone, tablet e simili) sarebbero già in grado di connettersi alla Rete per un giro d’affari complessivo valutato intorno ai 900 milioni di euro.
È Giovanni Miragliotta, docente del Politecnico di Milano, a fornire qualche dato più preciso: il 47% del mercato, in termini applicativi, viene ricollegato al comparto “smart” o “connected car”. L’automitive fa quindi, per ora, la parte del leone seguito dal settore energia con il 21%.
In questo caso si parla di smart metering ossia di sistemi di controllo per la misurazione e la valutazione dei consumi in modalità remota ed in tempo reale.
Si tratta di segmenti di mercato estremamente “vivi” per i quali è possibile prevedere un’ulteriore espansione nel breve/medio termine.
Una serie di interventi normativi potranno poi fungere da volano per velocizzare l’adozione dei nuovi sistemi.
Alessandro Perego, direttore dell’osservatorio, ha rimarcato che l’esperienza già maturata in seno al Politecnico sul versante RFID permetterà di gettare le basi per un mondo composto da oggetti intelligenti “che conoscono il loro stato e la loro posizione; che possono misurare varie grandezze, connessi da una rete intelligente, aperta, multifunzionale“. E nonostante le valutazioni sulla crescita del mercato legato all'”Internet delle cose” siano molto diverse fra di loro, le cifre di cui si parla sono immense: Gartner parla di un giro d’affari, nel 2020, pari a 2.000 miliardi mentre IDC addirittura a 9.000 miliardi.
Autovetture che chiamano automaticamente i soccorsi in caso di incidente, antifurto capaci di reagire a tentativi di scasso, termostati intelligenti amministrabili da remoto, sistemi che consentono di gestire al meglio magazzino e spedizioni, strumenti per il controllo dei consumi energetici, macchine erogatrici in grado di rilevare i quantitativi di prodotto ancora a disposizione ed inviare un messaggio d’allerta quando è necessaria una ricarica sono già realtà.
Come sono reali quegli strumenti, capaci di collegarsi con la Rete, che sono in grado di tracciare le abitudini di guida di qualunque conducente e che se installati sul proprio autoveicolo possono portare ad un risparmio sui premi assicurativi.
Per quanto riguarda gli aspettici tecnlogici, durante il convegno è stata rimarcata l’importanza di una più ampia adozione delle specifiche Bluetooth Low Energy che permettono di realizzare dispositivi più risparmiosi in termini di consumi energetici.
Il capitolo smart cities è invece quello più carente, almeno in Italia. La situazione economica che sta attraversando il Paese blocca lo stanziamento di risorse, da parte della pubblica amministrazione, su soluzioni innovative a servizio del cittadino. Gli strumenti già ci sarebbero ma il loro utilizzo per migliorare la vita nelle città sul versante della comunicazione, della mobilità, dell’ambiente (ad esempio, nella gestione del ciclo dei rifiuti) e dell’efficienza energetica lascia ancora a desiderare.