Sta sollevando un polverone la bozza di regolamento che negli Stati Uniti la FCC (Federal Communications Commission), l’autorità governativa per le telecomunicazioni, si accingerebbe ad approvare e a varare.
Gli utenti sono letteralmente sul piede di guerra perché, sulla base degli accordi stipulati con i più grandi provider a stelle e strisce, a breve potrebbe di fatto nascere una rete Internet a due velocità: una più lenta per i “normali” abbonati ai servizi a banda larga ed una più veloce riservata a coloro che pagheranno di più.
A serio rischio diviene quindi, da quest’oggi, quel principio di neutralità della rete sul quale si era pesantemente insistito ed investito negli States. Il principio secondo cui la rete a banda larga deve essere priva di restrizioni arbitrarie applicate sui dispositivi ad essa collegati e sulle modalità con cui essi operano viene così messo radicalmente in discussione.
Un principio che sembrava ormai quasi scolpito sulla pietra e che si cercava di “esportare” in tutti i Paesi del mondo, appare ora schiacciato sotto il peso degli interessi economici dei provider d’Oltreoceano.
Il fornitore Internet, sino ad oggi, non doveva fare differenza alcuna tra i vari tipi di “contenuti” che transitano attraverso la sua rete né applicare discriminazioni su dati, mittenti e destinatari (la posizione di Tim Berners-Lee, “padre” del web, è chiarita nell’articolo Tim Berners-Lee parla di net neutrality e privacy).
I grandi provider come Verizon e Time Warner, giusto per far qualche nome, potranno fare la voce grossa con le realtà che distribuiscono contenuti multimediali in Rete: YouTube (Google) e Netflix in primis.
Il coltello viene consegnato, dalla parte del manico, ai provider che potrebbero iniziare a bussare alla porta di tutte quelle società che generano traffico (si pensi soprattutto alla distribuzione di video e brani musicali in streaming) per chiedere una succosa contropartita economica. Qualora l’intesa non venisse raggiunta, il provider potrebbe arrogarsi il diritto di penalizzare il traffico dati altrui sulle connessioni “base” e permetterlo, senza restrizioni, a quegli utenti che sono disposti a pagare di più.
Inutile dire che se qualcosa di simile dovesse accadere anche in Europa sarebbero davvero dolori. “All bits are created equal“, verrebbe da ricordare.