Il crollo verticale del valore delle azioni di Intel, registratosi ad agosto scorso è figlio dell’annuncio della società che ha comunicato l’intenzione di avviare un piano di licenziamento di circa il 15% della sua forza lavoro e di sospendere la corresponsione dei dividendi agli investitori. Da allora l’interesse sta progressivamente tornando a crescere perché in molti ritengono che il reale valore dell’azienda sia largamente sottodimensionato. Il primo a dimostrare di crederci è proprio il CEO Pat Gelsinger, al momento confermato ai vertici della società, che dopo aver acquistato in passato pacchetti di azioni Intel proprio a inizio agosto, quando il valore è sceso a 20 dollari, ha fatto l’investimento più ingente comprando azioni per oltre 250.000 dollari. Guardate questa pagina: la transazione effettuata da Gelsinger è immediatamente riconoscibile.
Segnalata da pochi, quest’operazione sottolinea come il numero uno di Intel creda fortemente nella ripresa della società, con lo sguardo puntato al 2025, un anno che si preannuncia “chiave” per diversi motivi.
Gli errori di Intel
Intel ha affrontato una crisi significativa negli ultimi anni, con diversi errori strategici e operativi che hanno contribuito alla sua attuale situazione. Molti sono figli della precedente gestione, con Gelsinger che è seduto al timone dal 2021. Quando realizzato finora, tuttavia, non è stato ancora sufficiente per uscire dalla palude. Un’azienda appesantita dalle scelte del passato, ha oggettivamente fatto fatica a muoversi in un mercato dalle mille sfaccettature che diventa ogni giorno sempre più dinamico e competitivo.
L’architettura x86-64
Circola in questi giorni un’interessante curiosità riportata alla luce da Phil Park, ingegnere di AMD, che riguarda la storia dell’architettura dei PC. Park riporta in auge una risposta fornita pubblicamente dall’ex ingegnere Intel Robert Colwell che evidenzia come Intel avrebbe potuto anticipare AMD nel passaggio all’architettura x86-64, se non fosse stata così focalizzata sulla linea di CPU Itanium, progettata esclusivamente per i 64 bit. Le soluzioni di emulazione per il software x86 avevano prestazioni scadenti, e il risultato fu che Itanium ebbe un’accoglienza tiepida sul mercato.
Come abbiamo visto nell’articolo dedicato all’architettura x86, il risultato fu che nel 2003 AMD presentò per prima i suoi chip AMD64/x86-64 lasciando al palo Intel. Vista la rapida diffusione dei processori AMD con architettura x86-64 e la crescente domanda di compatibilità con le applicazioni esistenti, Intel cambiò strategia. Nel 2004, lanciò la serie di processori Xeon e Pentium 4 compatibili con x86-64, adottando la stessa architettura sviluppata da AMD, e rinominandola EM64T (Extended Memory 64 Technology), che poi divenne la base per i processori Intel a 64 bit.
Ritardi tecnologici
Intel ha subito ritardi nello sviluppo e nell’implementazione di nuove tecnologie di produzione, in particolare nei processi a 10 nm e 7 nm. Questi ritardi hanno consentito ai concorrenti, come AMD e NVidia, di guadagnare quote di mercato significative.
Eccessiva dipendenza dal mercato dei PC
La società ha fatto affidamento su un mercato dei PC in declino, non riuscendo a diversificare adeguatamente le sue offerte. Nel periodo post-pandemico, con il rallentamento della domanda di PC, Intel ha visto un calo delle vendite nell’ambito del suo Client Computing Group, contribuendo a una diminuzione generale del fatturato.
Soluzioni per le applicazioni di IA arrivate in ritardo
Intel ha storicamente concentrato i suoi investimenti sulle categorie tradizionali di hardware, come le CPU, trascurando l’emergente domanda di soluzioni specializzate per l’IA. Mentre aziende come NVidia hanno anticipato le necessità del mercato sviluppando GPU ad alte prestazioni per carichi di lavoro IA.
Un esempio emblematico del ritardo di Intel nel comparto IA è la decisione del 2017 di non investire in OpenAI, una scelta che avrebbe potuto posizionarla meglio nel mercato dell’IA. Questa mancanza di visione ha permesso a NVidia e ad altre aziende di porsi in posizione nettamente avvantaggiata.
Quali tecnologie “killer” Intel conta di annunciare nel 2025?
Intel prevede di annunciare diverse tecnologie grazie alle quali, nel 2025, conta di iniziare a invertire la rotta. L’accento è posto sull’intelligenza artificiale e sull’innovazione nei processi produttivi.
La generazione di chip Panther Lake, prevista per metà 2025, utilizzerà il processo 18A (angstrom, 1,8 nm), che rappresenta un significativo passo avanti in termini di prestazioni e integrazione di soluzioni a supporto delle applicazioni per l’IA. L’architettura dovrebbe assicurare performance fino a due volte migliori rispetto alle generazioni precedenti.
Nel remunerativo campo server e data center, il progetto Clearwater Forest sarà basato sul processo 18A introducendo un significativo balzo prestazionale. Gli Xeon 6, che includono varianti basate su E-core e P-core, sono progettati per offrire prestazioni elevate in ambienti ad alta densità.
Per quanto riguarda il segmento intelligenza artificiale, Intel sta puntando sugli acceleratori Gaudi 3, che l’azienda ritiene capaci di offrire prestazioni competitive rispetto ai chip di NVidia. Inoltre, Falcon Shores rappresenterà un passo cruciale per attrarre clienti verso Intel Foundry e competere nel mercato degli acceleratori AI (ne parliamo più avanti).
Intel sta inoltre investendo in nuove tecnologie legate alla litografia EUV e in un’evoluzione dei transistor RibbonFET (GAAFET), che promettono di migliorare ulteriormente le capacità produttive e l’efficienza energetica dei chip.
L’architettura disaggregata Falcon Shores: cos’è e perché Intel ci investe tanto
Falcon Shores è un progetto che separa CPU, GPU e AI, con un approccio che assicura maggiore flessibilità e scalabilità, permettendo ai clienti di scegliere e integrare solo i componenti necessari senza essere vincolati a un’intera soluzione proprietaria.
Una GPU Falcon Shores, ad esempio, integrerà e migliorerà la tecnologia ereditata dalla serie Gaudi, linea di chip progettata specificamente per carichi di lavoro IA. In questo modo Intel conta di ottimizzare l’efficienza delle sue soluzioni nelle applicazioni di deep learning e inferenza.
D’altra parte l’accordo per realizzare chip AI per Microsoft di febbraio 2024 è un’ottima notizia per l’azienda, che con i futuri sviluppi potrebbe destare l’interesse di AMD, Google e Qualcomm. Giusto per fare qualche nome.
Intel Foundry: l’azienda vuole essere la TSMC dell’Occidente
L’ambiziosa visione di Gelsinger descritta qualche tempo fa non è affatto tramontata. Anzi. Il CEO ha spesso rimarcato che Intel non solo è l’unica azienda occidentale che produce chip nei suoi propri stabilimenti ma che, grazie al programma IDM 2.0, può realizzare chip per conto terzi. Non soltanto su piattaforma x86, ma ad esempio anche ARM e RISC-V.
I primi frutti del lavoro sin qui svolto dovrebbero arrivare a breve: secondo i vertici dell’azienda, Intel vanta almeno 15 miliardi di commesse per la realizzazione di chip altrui. Il fatturato di TSMC è pari a quasi 90 miliardi ma è comunque un buon inizio.
Tra i “grandi nomi”, si sa che oltre all’intesa con Microsoft, Intel sta collaborando con Amazon Web Services (AWS) per sviluppare un chip AI fabric utilizzando la tecnologia Intel 18A, il che indica un forte impegno verso soluzioni integrate e ottimizzate per il cloud computing. C’è anche una commessa pesantissima del Dipartimento della difesa USA, del valore di 3 miliardi di dollari.
E in generale, su Intel c’è il forte sostegno del governo a stelle e strisce. Le sovvenzioni previste dal CHIPS Act d’Oltreoceano potrebbero arrivare a breve: si tratta di fondi pari a 8,5 miliardi di dollari. Risorse che Intel, insieme con il riassetto della struttura societaria (che è molto più pesante rispetto a quello dei concorrenti), utilizzerà per risanare le casse aziendali.
L’acquisizione dei fondi in terra natìa ha portato Intel a congelare l’impegno per la costruzione di nuovi impianti in Europa (Germania e Polonia). Il CHIPS Act USA vuole in primis rafforzare la posizione degli Stati Uniti per ridurre la dipendenza dai produttori asiatici. Per questo l’azienda deve aver riconsiderato l’impegno europeo. Così come respinto qualsiasi ipotesi di acquisizione (si era parlato di Qualcomm e ARM), che complicherebbe irreparabilmente l’accesso ai fondi statali.
2025: anno fondamentale per la storia di Intel
Tanti che guardano da fuori l’azienda hanno ipotizzato un abbandono di Gelsinger. In realtà il CEO è un ingegnere, uno dei “perni” storici dell’azienda. La sua firma è presente nello storico processore 386: emozionante il recente disassemblaggio della CPU prodotta a partire dal 1985.
Da quanto ha assunto la carica di CEO, Gelsinger ha accelerato lo sviluppo di nuovi processi produttivi, come Intel 4 e Intel 3, ha scommesso sull’espansione degli stabilimenti produttivi, ha promosso il cambio di strategia allontanandosi dall’approccio monolitico per congegnare prodotti in grado di coniugare prestazioni ed efficienza energetica, ha stretto importanti partnership per sviluppare soluzioni congiunte nel campo dell’IA e del cloud computing.
Le conseguenze del CHIPS Act e la costituzione di Intel Foundry come società separata
Le risultanze delle discussioni in materia di CHIPS Act con il governo USA saranno certamente determinanti. Se qualcosa non dovesse andare per il verso giusto, Intel potrebbe vendere divisioni oppure (o anche) separare Intel Foundry dalla casa madre rendendola una società a sé. In realtà quest’ultima operazione è già avviata: lo scriveva nero su bianco Gelsinger a metà settembre 2024 rivolgendosi con una lettera aperta ai dipendenti. “Stabilire Intel Foundry come sussidiaria indipendente all’interno di Intel“, osserva il CEO servirà a “fornire ai clienti esterni e ai fornitori una separazione e indipendenza più chiare dal resto di Intel“. Offrirà flessibilità per valutare “fonti di finanziamento indipendenti” in futuro, massimizzando la crescita e il valore per gli azionisti.
Anche perché l’accordo sarebbe fondamentale: si parla della possibilità di Intel di attingere a prestiti federali fino a 11 miliardi di dollari e dell’opportunità di beneficiare di un credito d’imposta sugli investimenti da parte Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti a copertura del 25% degli investimenti come valore massimo (si parla di 100 miliardi in cinque anni).
Certo è che un’azienda con un controvalore come quello che ha adesso non può non fare gola a molti.