Con il termine Industria 4.0 si fa comunemente riferimento a quelle tendenze in atto nel settore dell’automazione industriale che guardano all’integrazione di nuove tecnologie produttive per migliorare le condizioni di lavoro, creare nuovi modelli di business e aumentare la produttività e la qualità produttiva degli impianti.
Con la connettività e la potenza di elaborazione nell’edge delle reti (la parte della rete più prossima ai terminali degli utenti è detta appunto edge), i dispositivi appartenenti al mondo dell’Internet delle Cose stanno diventando sempre più accessibili in ambito industriale.
Secondo una ricerca appena conclusa da Intel, però, l’adozione positiva della nuova tecnologia rimane ancora lontana per molte imprese: 2 aziende su 3 che attivano programmi pilota incentrati sulle soluzioni di digital manufacturing non riescono poi ad impiegarle su larga scala.
Lo studio scopre che sono cinque le principali sfide che potrebbero far deragliare gli investimenti futuri in soluzioni intelligenti:
– Il 36% degli intervistati rileva “lacune nelle competenze tecniche” che impediscono di beneficiare dell’investimento stanziato.
– Il 27% cita la “sensibilità dei dati” tra le priorità, date le crescenti preoccupazioni per la privacy, la proprietà e la gestione dei dati e dell’IP (intellectual property).
– Il 23% afferma di non avere interoperabilità tra protocolli, componenti, prodotti e sistemi.
– Il 22% cita minacce alla sicurezza, sia in termini di vulnerabilità attuali che emergenti in fabbrica.
– Il 18% cita la gestione della crescita dei dati in termini di quantità e velocità, nonché sensibilizzazione.
Sebbene vi sia un gran fame di trasformazione digitale, con l’83% delle aziende aventi piani di investimenti in tecnologie per la smart factory, le competenze più importanti e le caratteristiche menzionate per questa trasformazione non sono le stesse che sono tipicamente sviluppate attraverso la maggior parte dei programmi di formazione professionale.
V’è la necessità di andare oltre le basi della programmazione per avere una comprensione profonda degli strumenti digitali, dei tool e delle metodologie per la raccolta e l’analisi dei dati nonché dei feedback in tempo reale direttamente nel contesto operativo. Le cinque competenze principali che saranno quindi sempre più richieste per supportare la trasformazione digitale sono le seguenti:
– “Deep understanding” della programmazione moderna o delle tecniche di ingegneria software.
– “Digital dexterity“, ovvero l’abilità di far leva su tecnologie esistenti o emergenti per risultati di business concreti.
– Data science
– Connettività
– Cybersecurity
Le lacune non riguardano evidentemente solo il nostro Paese ma interessano molti degli attuali programmi di formazione per la produzione industriale in essere nelle nazioni dell’Occidente.