“The Pirate Bay” deve ritornare raggiungibile dall’Italia. E’ questa la sostanza del dispositivo emesso dal Tribunale di Bergamo in seguito al ricorso presentato dopo il sequestro del sito ordinato a ridosso di Ferragosto (ved. questa notizia per tutti i dettagli in merito al provvedimento).
Conosciuto anche con l’acronimo TPB e fondato a fine 2003, “The Pirate Bay” è un sito che si occupa di indicizzare i file BitTorrent. Il motore di ricerca di TPB mette a disposizione i file .torrent più disparati: alcuni di essi fanno riferimento a materiale software opensource mentre molti altri facilitano il download di programmi commerciali protetti dal diritto d’autore.
Come risultato dell’inchiesta, si era configurato l’obbligo – per i vari provider Internet – di bloccare l’accesso al sito TPB attivando filtri a livello IP o modificando i riferimenti all’interno dei server DNS di propria gestione. Obiettivo: quello di combattere la diffusione di materiale “piratato” attraverso la rete Internet.
Il ricorso di Peter Sunde, amministratore di TPB, è stato quindi accettato dal Tribunale che ha annullato il decreto di sequestro preventivo emesso lo scorso 1° Agosto dal Gip.
Per adeguarsi al dispositivo, i provider italiani dovranno rimuovere qualsiasi genere di filtro impostato per inibire l’accesso a TPB.
Protagonisti del ricorso sono stati gli avvocati cagliaritani Giovanni Battista Gallus e Francesco Paolo Micozzi oltre all’esperto informatico Matteo Flora. I tre hanno presentato al Tribunale del Riesame di Bergamo tutta una serie di contestazioni ed osservazioni tecniche a proposito del decreto di sequestro preventivo.
Ad oggi non si conoscono le motivazioni del dispositivo di annullamento, che potrebbero essere le più disparate e che saranno rese note nei prossimi giorni.
Matteo Flora spiega come abbia risposto a quesiti che spaziavano dal protocollo di comunicazione ai tracker, dalle analisi di Alexa (e di quanto i dati pubblicati riflettano in modo molto approssimativo il traffico realmente generato da un sito web), passando per il concetto di “seed”.
Il provvedimento di sequestro preventivo potrebbe essere stato annullato per motivi formali (ed in questo caso potrebbe essere nuovamente presentato) oppure per motivazioni sostanziali che andrebbero eventualmente ridiscusse in Cassazione. Per il momento si può parlare solamente di ipotesi.