Google dovrà filtrare i suggerimenti proposti dalla funzionalità “Suggest” del suo motore di ricerca. E’ quanto emerge dalla sentenza emessa dal Tribunale di Milano che ha rigettato il ricorso presentato dall’azienda di Mountain View su un’analoga decisione avversa. Il risultato della vertenza legale sembra una fotocopia di quanto accaduto presso un tribunale parigino a fine settembre scorso (ved. questo nostro articolo).
Come nel caso francese, anche il Tribunale di Milano si è dovuto esprimere a proposito delle lamentele di un imprenditore finanziario che, digitando il proprio nome e cognome nel motore di ricerca di Google, aveva visto affiancate le parole “truffa” e “truffatore“. I due termini poco edificanti, che l’imprenditore ha ritenuto non solo falsi ma anche diffamatori (e quindi lesivi del suo onore, della sua immagine e della sua reputazione), venivano automaticamente consigliati dal servizio “Google Suggest” sotto forma di “ricerca correlata”.
I legali dell’azienda hanno sempre sottolineato come il funzionamento del servizio “Suggest” sia completamente automatizzato e come l’algoritmo che lo guida si basi sulle interrogazioni precedentemente poste in essere da altri utenti del motore di ricerca. Tale comportamento è, per i giudici milanesi, assolutamente ammissibile dal momento che ha come obiettivo proprio quello di facilitare le ricerche degli utenti proponendo termini ed espressioni correlati che, su base statistica, raccolgono il maggior interesse. Il Tribunale, insomma, non chiede che Google modifichi gli algoritmi alla base del funzionamento di “Suggest” e di “Autocomplete” ma agisca almeno a posteriori eliminando associazioni come quella denunciata dall’imprenditore.
Altre informazioni su “Google Suggest” sono disponibili in questo nostro articolo.