Arbor Networks ha reso note alcune statistiche circa l’utilizzo del protocollo IPv6 per le comunicazioni di rete. Secondo la socità, che ha controllato il traffico in transito attraverso 2.400 router, le comunicazioni IPv6 genererebbero un flusso di dati pari a circa 4,5 terabit per secondo: una frazione minima, considerata insignificante, rispetto al totale (0,0026%).
Che il protocollo IPv6 sia ancora poco utilizzato è cosa ormai nota purtuttavia il dato sull’utilizzo globale potrebbe non essere così basso. Molti dei router presi in esame potrebbero infatti non essere aggiornati così da supportare pienamente il protocollo IPv6: i pacchetti dati IPv6 vengono così “incapsulati” in pacchetti IPv4.
“Il nostro studio si è focalizzato sul traffico inter-domain e quindi è da considerarsi ovviamente incompleto, sebbene rappresentativo. La ricerca non tiene conto di un gran numero di provider Internet”, ha dichiarato Craig Labovitz di Arbor Networks. Da parte sua, l’Amsterdam Internet Exchange – uno dei principali nodi di interconnessione a livello europeo – avrebbe rilevato un traffico IPv6 pari a circa 450 Mbps su un totale di 370 Gbps pari allo 0,2%.
IPv6 è destinato a sostituire l’ormai obsoleto IPv4. Più di venti anni fa, i 4 miliardi di indirizzi IP che l’attuale protocollo IPv4 (Internet Protocol version 4) mette a disposizione sembravano un’enormità per il numero di utenti e per i servizi di allora. Alcuni Paesi e certe organizzazioni “acquistarono” per sé, allora, un numero esorbitante di indirizzi IP. IPv6 permette di avere a disposizione un numero più elevato di IP da destinare a tutti i vari servizi in Rete in modo da sopportare la richiesta crescente di nuovi indirizzi.
L’adozione del protocollo IPv6, sebbene necessaria, sta incontrando non poche difficoltà. Uno dei principali problemi che ne rallentano la diffusione risiede nel fatto che la maggior parte dei server DNS root (root nameserver) non gestiscono tutt’oggi indirizzi IPv6.
I “root nameserver” sono un elemento “portante” ed allo stesso tempo critico dell’infrastruttura della rete Internet. Essi sono infatti responsabili (in inglese “authoritative”, ossia “dotati di autorità”) per quanto riguarda la risoluzione dei domini di primo livello (ad esempio, .it, .uk, .com, .net, .org,…), detti top-level domain (TLD). I “root nameserver” si occupano di reindirizzare le richieste relative ad ogni dominio di primo livello ai nameserver propri di quel TLD.
L’aggiunta dei record IPv6 nei principali server DNS root indurrà via a via un sempre maggior numero di operatori ad abbracciare il nuovo protocollo.