È cosa nota: sostituire un hard disk con un SSD permette di ridare vita a sistemi che ormai cominciano a sentire il peso del tempo. La tendenza è quella di usare sempre più memorie flash, su cui sono basate anche le unità SSD, accantonando quelle tecnologie per lo storage che hanno caratterizzato gli scorsi decenni.
I tecnici di IBM potrebbero però riportare in auge i dispositivi ottici per la memorizzazione dei dati. Grazie all’utilizzo della tecnologia phase-change memory (PCM), gli esperti di Big Blue sono riusciti a memorizzare 3 bit per ogni singola cella del supporto aumentando così drasticamente la capienza.
La soluzione usata per 15 anni coi vari tipi di dispositivi ottici soffre di alcune limitazioni: il costo e la densità di storage (ogni cella può essere impostata solamente sullo stato “on” o sullo stato “off”).
Applicando una corrente ad un materiale amorfo, non cristallino, lo si può trasformare in un materiale maggiormente conduttivo, con una struttura simile a quella che caratterizza un cristallo. Successivamente, misurando la conduttività del materiale nelle varie aree che lo compongono, è possibile considerare un valore “1” nel caso di conduttività elevata, “0” in caso di bassa conduttività.
Riscaldando il materiale è possibile però memorizzarvi ulteriori “stati”. Il problema è che la temperatura ambientale può giocare brutti scherzi e modificare la configurazione impressa al materiale.
Il team di ricercatori di IBM è riuscito ad individuare un meccanismo che consente di tracciare e codificare tali variazioni permettendo di leggere, senza commettere errori, fino a 3 bit per ogni cella.
Haris Pozidis (IBM Research) ha spiegato che utilizzando la memorizzazione a 3 bit, il costo dei supporti PCM sarà nettamente inferiore rispetto a quello delle DRAM e paragonabile a quello delle memorie flash. Le prestazioni garantite dalle soluzioni basate sull’utilizzo della tecnologia PCM saranno inoltre più elevate rispetto a quelle che contraddistinguono le memorie flash. In fase di lettura, una memoria PCM può recuperare il dato in 1 microsecondo contro i 70 microsecondi di una flash.
Memorie PCM potrebbero essere usate accanto alle memorie flash; ad esempio per creare una memoria cache estremamente veloce sui dispositivi mobili. Secondo i ricercatori di IBM, un intero sistema operativo potrebbe essere salvato in una memoria PCM consentendo l’avvio di un moderno smartphone in una manciata di secondi.