Con l’avvento di strumenti IA come AudioCraft per creare brani musicali da zero, o di generatori di immagini basati sempre sull’intelligenza artificiale, la domanda che molti analisti e utenti si sono posti è la seguente: il diritto d’autore vale per le opere generate dall’IA? Dagli Stati Uniti arriva una sentenza storica che risponde alla domanda, e in maniera alquanto decisiva. Secondo il tribunale del Distretto di Columbia, per l’IA non può essere valido il copyright, e per un motivo molto semplice.
Niente copyright per l’IA: ecco perché
La causa intentata da Stephen Thaler contro l’Ufficio del Copyright degli Stati Uniti in seguito al rifiuto del copyright per una immagine creata tramite Creativity Machine – algoritmo realizzato dallo stesso Thaler – si è conclusa sfavorevolmente per lui. Nonostante egli abbia sostenuto che il diniego fosse “arbitrario, capriccioso e non conforme alla legge”, il giudice ha infine stabilito che “l’autorialità umana è un requisito fondamentale del copyright”, e per questo motivo il diritto d’autore non è mai stato concesso a opere prive di guida umana.
Tuttavia, il giudice ha riconosciuto che le sfide attuali porteranno a molti altri casi simili, con milioni di artisti pronti a usare i generatori IA per creare nuove opere. Dunque, non mancheranno nuovi “interrogativi complessi riguardo a quanto sia necessario l’apporto umano”.
Insomma, questa sentenza ora costituisce un precedente importante, ma nuove analisi potrebbero portare a una risoluzione differente della questione sul rapporto tra copyright e IA. In Italia, nel mentre, AudioCoop (il coordinamento delle etichette discografiche indipendenti italiane) ha apprezzato la sentenza confermando la volontà di oscurare, vietare e non distribuire le opere che hanno avuto un apporto umano pari a meno del 50%.