In un mondo oggi sempre più dipendente dai servizi online e che poggia sempre più sul cloud, ossia sulla memorizzazione dei dati su server remoti, scandali come quello che ha visto protagonista NSA (National Security Agency), agenzia governativa che insieme con FBI e CIA si occupa della sicurezza nazionale statunitense, inducono negli utenti un clima di terrore e continuo sospetto.
Nomi come Microsoft, Google, Facebook, LinkedIn, Twitter, Yahoo! ed AOL non ci stanno e si sono oggi coalizzati per indurre i governi a rivedere in profondità il comportamento della agenzie di sicurezza nazionali. Sul piatto c’è la reputazione delle stesse aziende, tutte impegnate nel fornire e nello sviluppare servizi cloud e strumenti per la comunicazione in Rete.
Così, i sette grandi nomi dell’IT hanno deciso di preparare una vera proposta di riforma, da sottoporre a tutti i governi formulando in cinque punti il manifesto che si auspica venga adottato su scala il più possibile globale.
Per spiegare il punto di vista e stimolare una revisione intelligente della normativa, è stato varato un nuovo sito web – Reform Government Surveillance – che, tra l’altro, riporta anche i commenti e le dichiarazioni rilasciate dai vertici delle sette società.
Dalle colonne del sito si chiede di limitare i poteri delle agenzie governative nell’attività di monitoraggio ed intercettazione dei dati, di impostare un sistema basato su pesi e contrappesi che non permetta ad un ente di porre in essere operazioni potenzialmente lesive della privacy altrui senza un preventivo ed attento processo di verifica, di permettere alle aziende coinvolte nei vari procedimenti di pubblicare – con la massima trasparenza – informazioni sulle richieste avanzate dai governi, di combattere atteggiamenti censori capaci di bloccare od alterare il normale flusso delle informazioni, di promuovere una legislazione che possa essere il più possibile riconosciuta a livello universale.