Secondo i vertici di Huawei, il futuro dei mainframe computer è tinto d’oro. Dopo il “bando” che la società cinese ha dovuto incassare negli Stati Uniti e l’atteggiamento palesemente ostile registrato in Australia, Huawei guarda comunque con grande ottimismo al futuro.
Innanzi tutto, l’Europa ha scelto un percorso molto più ragionevole (L’Europa mette nero su bianco i rischi legati all’implementazione delle reti 5G) e, ad esempio, è notizia di queste ore la realizzazione del primo centro europeo di ricerca sulla tecnologia 5G a Opfikon, in Svizzera, grazie alla partnership con l’operatore di telecomunicazioni elvetico Sunrise.
Come anticipato durante l’evento Connect 2019, svoltosi a Shangai lo scorso settembre, Huawei investirà tantissimo non soltanto sul networking ma anche sulle tecnologie per l’intelligenza artificiale.
I vertici della società estremo-orientale osservano che il riconoscimento delle immagini e del parlato cambierà radicalmente l’uso del computer nei prossimi anni. Evoluzioni che saranno estremamente interessanti non solo nell’ambito delle applicazioni industriali. L’input vocale usato da Alexa e Google Assistant, ad esempio, è già elaborato sfruttando sistemi cloud intelligenti e quasi ogni nuovo smartphone è in grado di riconoscere volti o impronte digitali. Secondo Huawei, tali sistemi saranno sempre più presenti nelle vite di tutti noi.
Applicazioni basate sull’intelligenza artificiale, a partire dal machine learning, sono già oggi utilizzate in medicina, ad esempio, per valutare le immagini di una TAC o della risonanza magnetica e supportare i medici nelle attività di diagnosi. L’intelligenza artificiale può controllare i veicoli autonomi, aiuta nella ricerca dei luoghi in cui possono trovarsi materie prime e consente il controllo del traffico nelle smart cities.
Le modalità di comunicazione e collaborazione tra le istanze poste sul cloud e i dispositivi degli utenti finali miglioreranno significativamente nei prossimi anni secondo Huawei e le prestazioni a loro volta cresceranno. E secondo l’azienda fondata da Ren Zhengfei, molti dati potranno essere progressivamente trattati sui singoli dispositivi, per un maggiore controllo sulle informazioni che vengono caricate sulla nuvola.
Huawei non venderà processori ma servizi e sistemi completi: basandosi su standard hardware e software aperti, l’idea è quella di supportare sempre di più i progetti dei partner. L’obiettivo è quello di creare un ecosistema Huawei in cui sviluppatori e fornitori di apparecchiature possono utilizzare i componenti secondo le necessità beneficiando della massima interoperabilità: ne avevamo parlato introducendo uno dei tasselli sui quali la società sta investendo tanto ovvero il sistema operativo HarmonyOS (vedere Il sistema operativo di Huawei si chiama HarmonyOS: funzionerà su una vasta gamma di prodotti, smartphone compresi).
Sulla stessa lunghezza d’onda va inquadrata la recente presentazione di Huawei Atlas 900, un cluster di autoapprendimento per l’intelligenza artificiale basato su schede dotate di processore Ascend 910.
Atlas 900 è appunto un mainframe modulare scalabile capace di elaborare tra 256 e 1024 PetaFLOPS di calcoli in virgola mobile F16 e raffreddata a liquido (compatta nonostante l’elevato consumo energetico).
Basti pensare che il cluster Atlas di Huawei ha completato il test ResNet 50 (ImageNet) in 59,8 secondi, al momento un vero e proprio record.
Philip Diamond, uno dei responsabili del progetto Square Kilometer Array (SKA) avente come fine quello di realizzare la più grande rete di radiotelescopi al mondo (vedere questa pagina in italiano), ha dichiarato che Atlas 900 permetterà di creare una mappa stellare tridimensionale in 10,2 secondi svolgendo lo stesso lavoro che finora richiedeva 169 giorni-uomo.
Quanto al “bando USA” e alle raccomandazioni dell’amministrazione Trump di astenersi dall’utilizzare hardware Huawei, la società cinese ha deciso di contrastare questa situazione con la trasparenza.
Dall’azienda si ribadisce che la sicurezza dei sistemi e la protezione dei dati hanno massima priorità e che a questi temi devono essere subordinati gli interessi commerciali senza eccezioni. Secondo Huawei, il 5% dei suoi costi di ricerca e sviluppo sono spesi per la sicurezza e l’1,6% degli ingegneri si occupa delle attività legate e sicurezza e protezione dei dati.