I media nazionali e internazionali pubblicano periodicamente le drammatiche notizie di incidenti che vedono coinvolti veicoli a guida autonoma. Purtroppo, in alcuni casi, si tratta di accadimenti fatali per il conducente e gli eventuali passeggeri. È però importante tenere a mente che l’utilizzo di veicoli capaci di “guidarsi da soli” non è ancora ammesso né in Italia né nella stragrande maggioranza degli altri Paesi. E anzi, ancora la guida autonoma non è una tecnologia “di massa” disponibile per i consumatori. Al massimo da noi è oggetto di test e di operazioni sperimentali sotto il diretto controllo del Ministero dei Trasporti. Negli USA sono da qualche tempo autorizzati a circolare i primi “taxi robotici” che non hanno nessuno in carne ed ossa alla guida e che accolgono i clienti trasportandoli fino alla destinazione impostata.
Guida autonoma: autorizzato solo il livello 2 in Italia. Ma si deve parlare solo di guida assistita
Quando si pensa alla guida autonoma, la mente corre subito ai progressi tecnologici compiuti dal marchio Tesla, che da sempre ha pesantemente investito in questo settore.
A ben guardare, però, è un errore. O almeno lo è allo stato attuale. Neppure nel 2023 i veicoli Tesla sono ancora ufficialmente vetture a guida autonoma. Neppure l’aggiornamento software più avanzato, ovvero Full Self-Drive, a dispetto del nome, consente di abilitare un’esperienza di guida completamente gestita dall’intelligenza artificiale.
Il software di Tesla è certificato SAE Livello 2: questo significa che il veicolo non è in grado di assumere decisioni autonome elaborando ogni possibile parametro in tempo reale. Durante la guida, infatti, il veicolo può limitarsi a tenere solamente alcuni comportamenti: attivare il mantenimento della corsia, regolare accelerazione e decelerazione in base al traffico, ma richiede ancora la supervisione umana e un pronto intervento in caso di necessità. La condotta del veicolo certificato SAE Livello 2 è quindi sotto la totale responsabilità del conducente.
Gli incidenti che coinvolgono le vetture dotate di qualche sistema di guida assistita, quindi, sono sempre e comunque imputabili ad errori umani. Questo perché la guida autonoma di fatto ancora non esiste.
Qualche lettore si ricorderà certamente del celeberrimo video pubblicato da Tesla a ottobre 2016. Nonostante l’azienda abbia ampiamente pubblicizzato quel contributo, esso è stato poi più di recente descritto da Ashok Elluswamy, responsabile del software Autopilot, come un video volto a rappresentare le potenzialità del sistema. Non una dimostrazione delle reali capacità dell’intelligenza artificiale dei veicoli Tesla.
I livelli SAE per la guida autonoma
La Society of Automotive Engineers (SAE) ha definito una scala a sei livelli per classificare i veicoli in base al loro grado di automazione. Questi livelli vanno dal livello 0 al livello 5 e indicano il coinvolgimento umano richiesto per guidare il veicolo. Il livello 0, ovviamente, indica che non è prevista alcuna forma di automazione.
Nel livello 1, il veicolo dispone di alcune funzioni di assistenza alla guida, come il controllo della velocità di crociera adattivo o l’avviso di uscita di corsia, ma richiede sempre il controllo e la supervisione umana.
Come accennato in precedenza, con il livello 2 il veicolo può eseguire alcune funzioni di guida in modo autonomo ma è ben lungi dall’essere considerabile come un mezzo di trasporto capace di prendere decisioni autonomamente.
Con il livello 3, in alcune circostanze predefinite, il conducente può delegare temporaneamente il controllo al veicolo. Egli è però tenuto a intervenire prontamente ogni volta che ciò risultasse necessario.
I livelli 4 e 5, invece, offrono rispettivamente un grado di automazione elevata e completa. Nel primo caso il veicolo è capace di muoversi in modo autonomo nella maggior parte delle situazioni di guida senza richiedere l’intervento umano. Nel successivo, il veicolo è in grado di operare autonomamente in qualsiasi condizione di guida e in qualunque posizione geografica, senza richiedere alcun intervento umano. Non ci sono limitazioni sulle capacità di guida del veicolo.
Funzioni potenzialmente disponibili e reali capacità
Il software Tesla richiama continuamente l’attenzione del conducente allorquando questi allontanasse le mani dal volante. Questo a conferma che anche con il pacchetto Autopilot più evoluto non è ancora possibile fruire di un’esperienza di guida autonoma.
L’attenzione, insomma, deve essere mantenuta sempre elevata e la vettura ancora non è in grado di fare cose come cercare autonomamente un posteggio e parcheggiare da sola. Sarà possibile farlo in futuro, ma ancora non è né permesso né possibile. Almeno per gli utenti finali.
Allo stato attuale è bene avvicinarsi ai sistemi a guida assistita più evoluti con cautela perché, come ogni tecnologia nuova, essi possono fallire miseramente. Soprattutto con condizioni di traffico complesse e con strade che presentano carreggiata e corsie non ben delimitate.
Piuttosto comune, ancora oggi, è il fenomeno battezzato con l’espressione phantom braking ossia frenata fantasma. In questi casi il sistema di assistenza alla guida attiva una frenata improvvisa quando c’è un pericolo reale. Questo comportamento è causato da diversi fattori: errori nel rilevamento degli ostacoli, interpretazione errata delle situazioni di guida, limiti intrinseci del sistema. In questi casi si può ingenerare confusione, preoccupazione e addirittura incidenti (ad esempio un tamponamento): tutte situazioni che possono coinvolgere anche altri utenti della strada.
Le sperimentazioni in corso sulla guida autonoma
Negli Stati Uniti sia Waymo (gruppo Alphabet-Google) che Cruise (General Motors) propongono un servizio di “taxi robotici” che permette di spostarsi sulle strade pubbliche. In questi casi alla guida non c’è un conducente umano ma un sistema evoluto governato tramite software e una batteria di sensori hardware.
In questo caso, a distanza di un anno dal “via libera” ottenuto dalla California Public Utilities Commission, i veicoli a guida autonoma non sono più una sperimentazione quanto un servizio che compete direttamente con i taxi tradizionali, il trasporto pubblico e proposte quali Uber e Lyft. Sono una parte reale, anche se ancora marginale, del sistema di trasporto della città di San Francisco con Waymo e Cruise che puntano adesso a raggiungere rapidamente altre località.
L’autore di un reportage sul MIT Technology Review scrive: “sono arrivato a credere che la maggior parte delle persone, inclusi molti potenti decisori, non sia consapevole della velocità con cui questo settore sta avanzando o di quanto gravi possano essere gli impatti a breve termine sul lavoro e sui trasporti“. I robotaxi, così vengono chiamati, sono già tra di noi ma anche Oltreoceano non esistono ancora basi normative per valutare la sicurezza dei veicoli autonomi.
Benjamin Schneider conclude, giustamente, che per stare al passo è fondamentale avere una visione chiara di quanto velocemente può arrivare il futuro.
Test anche in Italia
Nel nostro Paese, come osservato in precedenza, c’è al momento solo il SAE Livello 2. Le sperimentazioni più recenti sono condotte da Movyon in collaborazione con il Politecnico di Milano e Autostrade per l’Italia.
Il sistema poggia sulla comunicazione wireless tra il veicolo e le antenne RSU (Roadside Unit) distribuite lungo la rete autostradale: esse permettono all’auto di ricevere informazioni utili per il posizionamento di precisione e mantenere il livello di automazione costante lungo il percorso. Durante le prove sin qui condotte sono state verificate le potenziali capacità dell’auto che, opportunamente allestita e supportata dell’infrastruttura, può procedere in autostrada senza l’intervento del guidatore garantendo, almeno sulla carta, un livello 3 di guida autonoma anche in galleria e in assenza di segnale satellitare.
L’idea è quella di affiancare ai sensori presenti sulle vetture intelligenti, anche indicazioni in tempo reale provenienti dall’infrastruttura a bordo strada. Un approccio che vuole offrire massime garanzie in condizioni di scarsa visibilità o con la presenza di traffico sostenuto e ostacoli sulla carreggiata.
L’altro test è antecedente: è stato presentato a febbraio 2022 e si chiama Sperimentazione Italia. In questo caso sono coinvolti alcuni veicoli a guida autonoma chiamati a muoversi su un percorso di 5 km prefissato nella zona dei presidi ospedalieri della Città della Salute e della Scienza di Torino.