Con buona probabilità Steve Jobs farà presto scoccare nuovi fulmini e saette. Il gruppo di hacker “iPhone Dev Team”, già conosciuto per le attività di sblocco (“jailbreaking“) sull’Apple iPhone ne ha fatta un’altra delle sue: sarebbe riuscito ad installare ed eseguire senza particolari problemi, sul “melafonino”, il sistema operativo Google Android.
L’operazione sarebbe stata condotta dalla stessa persona che, nel 2008, ha portato il kernel 2.6 di Linux sull’iPhone. Nel video da poco caricato su YouTube (ved. questa pagina), vengono mostrati i risultati della procedura che ha permesso di attivare, sul telefono di Apple, un meccanismo di dual booting. Il ricercatore è riuscito insomma a caricare un bootloader che consente di selezionare, di volta in volta, se si vuole lanciare Android oppure l’iPhone OS.
Secondo l'”iPhone Dev Team” il “porting” di Google Android sugli iPhone sarebbe ancora in una fase embrionale sebbene tutte le principali funzionalità appaiano operare correttamente. Il test, inoltre, è stato per il momento condotto con successo solamente su un iPhone di prima generazione ma, sempre secondo le informazioni diffuse, non dovrebbe essere complicato riprodurre la medesima procedura anche sul modello “3G”. Per quanto riguarda il più recente “3GS”, l’operazione potrebbe rivelarsi più complessa.
A proposito delle attuali tecniche di “jailbreaking” Apple ha sempre ricordato che esse “fanno uso di modifiche non autorizzate del bootloader e del sistema operativo: tali pratiche comportano una violazione del copyright“. EFF (Electronic Frontier Foundation) ha invece criticato la posizione portando, come spesso accade in questi casi, un esempio automobilistico: “non accetteremmo mai che una società produttrice di veicoli ci obblighi ad effettuare interventi di manutenzione solo ed esclusivamente attraverso la rete dei suoi partner“, aveva dichiarato a suo tempo Fred von Lohmann, parte dello staff di EFF.
Una nuova “gatta da pelare” per Apple attualmente impegnata su diversi fronti: dalle battaglie legali in tema di brevetti contro Nokia e Kodak, al contrasto delle iniziative dei concorrenti (Google in testa), sino alle modifiche dell’accordo di licenza per lo sviluppo di applicazioni che hanno di fatto escluso Adobe Flash dai dispositivi mobili dell’azienda (ved. questi articoli).