Il progetto Google Labs, in seno al quale il colosso di Mountain View dava vita a nuovi esperimenti volti al miglioramento dei propri servizi od al lancio di nuovi, è stato chiuso a metà ottobre scorso. Già a luglio i portavoce avevano anticipato la mossa motivandola col desiderio di voler concentrarsi sui progetti non sperimentali e spiegando di aver spostato le conoscenze acquisite nei Labs all’interno di vari prodotti in corso di sviluppo.
Secondo quanto afferma il New York Times, però, Google avrebbe già realizzato un “laboratorio nascosto” per lo sviluppo di tecnologie innovative. Diversamente dai Labs, “Google X“, questo il nome dell’iniziativa, sarebbe mantenuto segreto tanto che non si conoscerebbe nemmeno la locazione geografica dove i test verrebbero effettuati.
Leggendo il pezzo del quotidiano statunitense, però, ci è parso di scorgere toni goliardici ed a tratti lontani dalla realtà. Non è dato sapere, quindi, quanto le informazioni riportate siano aderenti al vero e quanto siano frutto di un’allegra cavalcata con la fantasia.
“Google X” fa tornare alla mente il leggendario Xerox PARC Lab, una struttura sita in California, fondata nel 1970, e dedita ad attività di ricerca. Proprio quel laboratorio dette i natali alla tecnologia Ethernet, alla stampante laser, alla programmazione orientata agli oggetti così come all’interfaccia grafica che ha aiutato Steve Jobs a rivoluzione il mondo del personal computing con Apple.
L’esistenza di laboratorio simile, questa volta gestito da Google, dimostrerebbe come un’azienda qual è quella fondata dal duo Page-Brin abbia serie intenzioni di estendere il suo attuale business, già divenuto, col tempo, enormemente più ampio rispetto ai piani iniziali (focus sulla ricerca sul web).
Secondo quanto riferito dal New York Times, “Google X” si interesserebbe di progetti legati alla robotica ed all’automazione industriale permeando ogni esperimento con gli strumenti necessari per effettuare uno scambio di dati con la rete Internet. Le prime autovetture di Google in grado di muoversi senza pilota umano sarebbero nate proprio nel “laboratorio segreto” di Google.
“Pensate ad un frigorifero che sia in grado di rilevare gli alimenti in esso stivati e di effettuare un ordine ai vari negozianti per richiedere ciò che, di volta in volta, manca all’appello“, si legge sul quotidiano americano.
Jill Hazelbaker, un portavoce di Google, ha preferito evitare qualunque commento limitandosi a dichiarare che gli investimenti in progetti di ricerca restano una peculiarità del DNA dell’azienda. “Sebbene le possibilità siano davvero eccitanti, tenete a mente che le somme destinate a questi progetti sono molto ridotte se paragonate agli investimenti operati sul core business della società“, ha puntualizzato Hazelbaker.
Google punterebbe molto sul “web delle cose“: in futuro qualunque oggetto potrebbe essere connesso alla Rete ed avere, in un certo senso, una “vita propria”. Con la possibilità di essere gestito da remoto e di interagire, a sua volta, con altri dispositivi.
Robotica ed intelligenza artificiale farebbero comunque la parte del leone. Tra i leader del team di “Google X“, il New York Times pone Sebastian Thrun, uno dei più importanti esperti in materia a livello mondiale. Docente presso l’università di Stanford, Thrun ha inventato la prima vettura in grado di “autoguidarsi”.
Tra gli altri protagonisti del progetto “Google X” viene citato Johnny Chung Lee, specialista nello sviluppo di interfacce per semplificare l’interazione uomo-macchina. Arrivato da Microsoft, dopo aver cooperato alla realizzazione di Kinect, Chung Lee sarebbe nella fila di Google per lavorare su qualcosa di molto vicino alla sua sensibilità ed ai suoi interessi.
Lo stesso Larry Page avrebbe assicurato che Google intende rafforzarsi negli attuali settori del suo business. Non intende trasformarsi in null’altro. Almeno per ora.