Secondo quanto sostiene Danny Sullivan di Search Engine Land (ved. questa pagina), Google potrebbe avere violato le sue stesse policy legate alla pubblicazione di link all’interno delle pagine web. Il giornalista, che rilancia un post di Aaron Wall apparso sul blog “SEO Book“, scrive che – secondo quanto emerso – la società di Mountain View potrebbe aver effettuatto una serie di versamenti ai gestori di numerosi siti web per pubblicizzare, sotto forma di articoli, il browser Google Chrome. In diversi articoli apparsi recentemente sul web, Wall avrebbe rilevato la frase “Questo post è sponsorizzato da Google“: una ricerca mirata avrebbe fatto venire a galla numerosi pezzi apparsi qua e là che avrebbero un unico denominatore comune ossia la promozione del browser Chrome.
Il colosso di Mountain View, secondo la tesi di Wall e Sullivan, avrebbe insomma acquistato link, attività che è espressamente vietata nelle linee guida di Google e che, normalmente, può portare all’eliminazione delle pagine “incriminate” dagli indici del motore di ricerca per un periodo compreso tra un mese ed un anno.
Secondo quanto osservato, i link non utilizzerebbero il noto attributo “nofollow“: esso indica allo spider del motore di ricerca di Google di non seguire il collegamento ipertestuale, di non indicizzarlo e di non attribuirgli alcun peso aggiuntivo sulla base della reputazione e della popolarità della pagina in cui l’hyperlink è riportato.
Nell’analisi di Sullivan, inoltre, si legge come tutti i post siano palesemente pubblicitari perché consiglierebbero Chrome per l’utilizzo nelle piccole e medie imprese ma non conterrebbero alcuna informazione utile né, tanto meno, una descrizione delle funzionalità del prodotto.
Google ha voluto gettare acqua sul fuoco spiegando di non aver mai supportato iniziative simili e di non aver mai pagato alcun blogger per scrivere articoli promozionali. I responsabili dell’azienda hanno aggiunto che indagheranno accuratamente sull’accaduto affinché incidenti simili non abbiano più a ripetersi: “Google non ha mai preso accordi per nulla di diverso da pubblicità online vera e propria. Abbiamo sempre evitato le sponsorizzazioni, ivi inclusa la pratica di pagare dei blogger per promuovere i nostri prodotti, perché si tratta di promozioni non trasparenti e che non fanno gli interessi dell’utente. Stiamo valutando i cambiamenti che sarà necessario apportare per assicurarci che non succeda mai più“, ha precisato l’azienda fondata da Larry Page e Sergey Brin.
Aggiornamento del 4 gennaio. L’ufficio stampa di Google ci ha comunicato che l’azienda intende applicare una sanzione alla pagina dalla quale è possibile prelevare il browser web Chrome: “abbiamo indagato la vicenda e abbiamo deciso di intervenire manualmente per far retrocedere www.google.com/chrome nell’indicizzazione e abbassarne il PageRank per un periodo minimo di 60 giorni. Siamo molto fermi nel far applicare in modo rigoroso le nostre istruzioni per i webmaster, per poter garantire sempre risultati di qualità agli utenti. Per questa ragione, sebbene non abbiamo mai autorizzato la campagna in oggetto né abbiamo individuato altre violazioni alle nostre linee guida, riteniamo di dover essere i primi a uniformarci agli standard più elevati e abbiamo quindi deciso di applicare a noi stessi sanzioni più rigorose di quelle che applicheremmo a qualsiasi altro sito“.