Google ha rivelato di adoperare l’algoritmo di machine learning RankBrain per il 100% delle interrogazioni inviate dagli utenti al suo motore di ricerca.
Lo scorso anno RankBrain veniva sfruttato per gestire solamente il 15% delle query (vedere RankBrain, il motore di Google usa l’intelligenza artificiale).
L’algoritmo, come abbiamo spiegato in passato, mira ad offrire pagine SERP contenenti risultati sempre più pertinenti. Per questo, quindi, RankBrain ha “carta bianca” per alterare l’ordinamento dei risultati nelle pagine di ricerca.
I portavoce di Google hanno preferito non “sbottonarsi” troppo sulle situazioni in cui RankBrain entra effettivamente in funzione. Già ad ottobre Greg Corrado, uno dei ricercatori di Google, rivelò che RankBrain è velocemente diventato il terzo fattore in ordine di importanza per la composizione dei risultati delle ricerche.
Analizzando le affermazioni odierne di Jeff Dean (Google), si capisce che RankBrain “ha ancora maggiore voce in capitolo” e, potenzialmente, può essere coinvolto per stabilire il ranking nel 100% delle ricerche.
Dopo la qualità/pertinenza dei contenuti e la valutazione dei link presenti in ogni singola pagina web, RankBrain si conferma quindi sempre più come uno strumento d’importanza strategica per Google.
RankBrain, comunque, sembra uno strumento per l’affinamento dei risultati proposti in riposta a qualunque query sul motore di ricerca di Google.
L’algoritmo potrebbe essere in grado, tra le altre cose, di tradurre una ricerca in una molto più popolare quando il significato della richiesta è esattamente lo stesso. E questo può avere ovvie conseguenze sul ranking delle pagine web presentate nelle SERP.
RankBrain o non RankBrain contenuti validi restano comunque sempre la chiave del successo.
Per approfondire il tema del machine learning Google, suggeriamo la lettura dell’articolo Google spinge sul machine learning con il chip TPU.