Google ha messo sul tavolo 900 milioni di dollari con l’intento di accaparrarsi una ricca dote di brevetti riguardanti tecnologie e meccanismi impiegati nelle comunicazioni wireless, nei semiconduttori, nel data networking, per la trasmissione in digitale della voce e nel campo del social networking. Il vastissimo numero di brevetti (circa 6.000) sono oggi proprietà di Nortel ma la società canadese, ormai in bancarotta, è costretta a porli sul mercato per sanare la sua posizione debitoria nei confronti dei creditori.
La mossa di Google è chiara: il colosso di Mountain View sta cercando di far propria una nutrita schiera di brevetti in modo da proteggere i propri prodotti e le proprie soluzioni software da eventuali azioni legali che, in materia di proprietà intellettuale, stanno divenendo – nell’ultimo periodo – sempre più frequenti. Sono gli stessi portavoce di Google a confermare il tenore dell’iniziativa: si vuol cercare “di porre fine all’esplosione delle liti che sempre più spesso coinvolgono brevetti software di bassa qualità e che minacciano seriamente l’innovazione“. Secondo l’azienda guidata da Larry Page, molte delle azioni legali sono promosse da “individui o società che non hanno mai creato nulla” oppure motivate dal desiderio di mettere i bastoni tra le ruote a prodotti e tecnologie sviluppate dai concorrenti.
Un pingue portafoglio di brevetti rappresenta, per Google, un ottimo scudo di difesa contro la maggior parte dei cosiddetti “patent trolls“.
La decisione finale sull’acquisizione dei brevetti dovrebbe arrivare a giugno. Per il momento, Microsoft non sembra assolutamente intenzionata a far propri i brevetti spiegando di aver ottenuto da Nortel, nel 2006, una licenza per l’utilizzo a tempo indeterminato, a livello mondiale, e senza il versamente di alcuna royalty di tutti i brevetti ed i servizi dell’azienda. L’accordo stipulato qualche anno fa, quindi, continuerebbe a restare in vigore anche dopo un’eventuale acquisizione da parte di Google o di altre realtà.