Google ha appena rilasciato ben tre nuovi modelli di Intelligenza Artificiale generativa. Questi sono caratterizzati dalla loro natura open e, come sottolineato dalla compagnia, offrono un alto livello di trasparenza e sicurezza.
Stiamo parlando di nuovi arrivati nella famiglia dei modelli IA Gemma 2, già lanciata sul mercato da Google nello scorso mese di maggio. Per essere più precisi stiamo parlando di Gemma 2 2B, ShieldGemma e Gemma Scope. Come è facile intuire, nonostante parte della struttura sia condivisa, in realtà si tratta di tre strumenti con funzioni diverse, che mantengono comunque un focus concentrato sulla sicurezza.
Così come da prassi per Gemma, questi modelli si differenziano dagli altri modelli IA di Google in quanto il loro codice sorgente è disponibile a tutti, contrariamente a quanto avviene con Gemini.
Gemma 2 2B, ShieldGemma e Gemma Scope: a cosa servono i 3 nuovi modelli IA di Google?
Perché Google propone modelli IA di natura open? Il principale obiettivo di Gemma è quello di partecipare allo sforzo collettivo per migliorare l’universo dell’IA e aiutare gli sviluppatori impegnati in questo settore. Di fatto, Gemma risulta per la della compagnia di Mountain View la risposta a Llama di Meta.
Gemma 2 2B si occupa di generare testo di analisi, risultando un modello estremamente leggero e che ha requisiti molto bassi a livello di hardware. ShieldGemma, dal canto suo, viene definito come una raccolta di “classificatori di sicurezza“. Di fatto, serve a filtrare i prompt inviati agli altri modelli IA, individuando e bloccando atteggiamenti pericolosi incitamento all’odio, molestie e contenuti sessualmente espliciti.
Gemma Scope è invece formato da reti neurali specializzate. Queste permettono di “scomporre” le informazioni complesse elaborate da Gemma 2, rendendone più facile l’analisi. A livello pratico, si tratta dunque di un prezioso strumento nelle mani dei ricercatori impegnati nel settore.
I modelli aperti come quelli che abbiamo appena descritto ampliano le potenzialità dell’IA generativa. Ciò comporta vantaggi per le piccole aziende, ma anche per i ricercatori, le organizzazioni non profit e i singoli sviluppatori, come evidenziato dal rapporto che ha accompagnato la presentazione dei tre nuovi modelli.