La pratica del “typosquatting” è ormai vecchia di oltre dieci anni. Essa consiste nella registrazione di nomi a dominio che “scimmiottano” quelli che caratterizzano grandi e famosi marchi. Quando l’utente digita in modo scorretto un URL nella barra degli indirizzi del browser può rischiare di trovarsi su un sito che non ha nulla a che vedere con quello d’interesse. Anzi, convinti di trovarsi sul sito che s’intendeva visitare, gli utenti meno attenti potrebbero rilasciare informazioni personali o cadere vittime di un qualche genere di truffa. In alternativa, i domini usati dai “typosquatters” potrebbero essere utilizzati come “testa di ponte” per guadagnare traffico “gratuitamente” e reindirizzare l’utente verso altri siti.
Nonostante le contromisure che sono state attuate, a più livelli, il fenomeno del “typosquatting” resta, ancor’oggi, purtroppo, molto diffuso.
Google ha da poco presentato una serie di contestazioni circa la registrazione alcuni domini .com
che imitano youtube.com
, di proprietà del colosso di Mountain View, a meno di una lettera. Una volta manca la lettera “o”, una volta la “t”, una volta la “e”, una volta la “u”: in tutti i casi l’obiettivo è il medesimo, sfruttare gli errori compiuti da quegli utenti che non digitano correttamente l’indirizzo del celeberrimo sito per la condivisione di video online.
Tutti i domini che ricordano da vicino l’URL ufficiale sembra siano stati registrati dalla medesima persona ed ognugno di essi reindirizza gli utenti verso una pagina ove è richiesto l’inserimento di alcuni dati personali. Visitando i domini “fasulli” da un indirizzo IP corrispondente ad un provider attivo negli Stati Uniti, la pagina che viene mostrata espone una soluzione grafica che ricorda quella di YouTube, spiega di essere stati selezionati per un sondaggio ed invita a rispondere ad una serie di quesiti. Se invece si arriva da un IP italiano, ad esempio, verrà inizialmente proposto un messaggio di benvenuto (“complimenti, sei il vincitore“) ed alcune informazioni pubblicitarie.
Google dovrebbe avere facilmente ragione dei domini registrati dal “typosquatter” proteggendo così i suoi utenti dai comportamenti truffaldini.