Quei principi di apertura ed accesso universale che hanno guidato la nascita del web e sui quali Tim Berners-Lee continua a porre l’accento con grande enfasi sarebbero ormai sotto scacco. A dirlo non è il 56enne padre del “World Wide Web” – che peraltro è più volte intervenuto sul tema – ma uno dei fondatori di Google, Sergey Brin (nella foto), classe 1973.
“Alcune potenze industriali che godono di una grande potenza si sono alleate contro l’Internet aperta. (…) Sono molto più preoccupato che in passato. La situazione è allarmante“, ha dichiarato Brin in un’intervista concessa alla testata inglese “The Guardian“.
Il miliardario russo, naturalizzato statunitense, vede il “web aperto” – così come era stato inizialmente disegnato – gravemente minacciato da tre nemici il cui identikit viene tracciato nel dettaglio. Brin punta il dito contro alcuni governi che applicano attività censorie sul traffico di Rete o che comunque controllano l’accesso e le comunicazioni dei cittadini; chiama in causa la stessa industria dell’intrattenimento, rea di portare ad una progressiva limitazione delle libertà d’espressione dietro la giustificazione della lotta contro la pirateria digitale; cita esplicitamente le aziende concorrenti Facebook ed Apple ritenute responsabili della costruzione dei cosiddetti “walled gardens“. Con tale termine, traducibile – in italiano – come “giardini recintati“, Brin fa riferimento alle pratiche molto in voga tra alcune aziende dell’IT che allestiscono spazi di lavoro “proprietari” che non possono essere utilizzati utilizzando strumenti che non siano quelli “ufficiali”. Il 38enne ideatore di Google, insieme con Larry Page, valuta le soluzioni di Facebook ed Apple eccessivamente “chiuse” e quindi poco o per nulla interoperabili: le due società rivali, per Brin, poggiano tutto il loro business su delle piattaforme proprietarie, controllando gli accessi degli utenti ed obbligandoli a restare in un recinto ben delimitato. Il mondo esterno non conta; non vi sarebbe alcun tipo di “apertura”.
Un simile comportamento, per Brin, porterebbe con sé dei pesanti conseguenze: si ridurranno drasticamente le possibilità d’innovazione non solo estromettendo i concorrenti ma anche ostacolando la nascita di nuove realtà imprenditoriali e si avrà un web sempre più fatto “a compartimenti stagni”.
“Non avremmo potuto certo creare Google se il web fosse stato dominio di Facebook“, ha dichiarato Brin. “Avremmo dovuto giocare utilizzando le loro regole, assai restrittive. Google è nato proprio facendo leva sul fatto che il web era allora molto aperto“. Brin critica Facebook spiegando di non permettere una facile migrazione degli utenti verso altri servizi.
Le eccezioni sollevate nei confronti di Apple sono molto simili, riguardano il presunto allestimento di un microcosmo a sé, e ricordano da vicino le parole pronunciate da Berners-Lee che aveva rammentato come l’azienda della Mela utilizzi un URI proprietario (itunes:
) anziché il classico http:
: “i link itunes:
sono accessibili solamente utilizzando il software Apple iTunes, che è proprietario. Non è possibile linkare una risorsa e renderla visionabile da parte di chiunque (…) Il mondo iTunes è centralizzato è separato dal resto del Web“.
Brin si schiera contro tutte quelle proposte di legge che mirano a mettere dei laccioli sul web spiegando che chi vuol bloccare il flusso delle informazioni sulla Rete “non ha speranze“. Le discusse norme statunitensi SOPA e PIPA, per Brin, fortemente volute dall’industria cinematografica e discografica, avrebbero messo gli Stati Uniti sullo stesso piano rispetto, ad esempio, a nazioni quali la Cina e l’Iran. Secondo Brin bisogna lavorare sulla distribuzione online di materiale in forma legale eliminando però tutte le complicazioni che sino ad oggi, sempre secondo il cofondatore di Google, contribuirebbero alla scelta delle versioni “piratate”.