Il parlamento tedesco ha approvato una legge con la quale viene introdotta una “tassa” per lo sfruttamento commerciale di articoli e contenuti pubblicati da parte degli editori sui rispettivi siti web. L’intenzione espressa dai parlamentari del Bundestag di approvare la nuova stringente normativa aveva fatto sollevare un gran polverone: la decisione è stata da più parti criticata con Google che ha avviato una campagna di sensibilizzazione rivolta ai cittadini tedeschi (Difendete la vostra rete: Google si rivolge ai tedeschi).
Grazie ad un colpo di coda, però, la disposizione che ha ricevuto il parere favorevole del parlamento appare meno stringente rispetto all’impianto iniziale: viene infatti consentita la ripubblicazione di testi in estratto o di singole frasi. Google dovrebbe così sentirsi al sicuro dal momento che la società, sul motore di ricerca così come sugli altri suoi servizi online (ad esempio Google News), usa ripubblicare solamente brevi “sommari” dei testi indicizzati.
I rappresentanti del colosso di Mountain View hanno accolto positivamente la decisione di “alleggerire” la legge ma hanno confermato la loro piena contrarietà a tutte quelle disposizioni che interferiscano con l’idea di un web aperto e con la libera circolazione di idee e conoscenza.
Ralf Bremer, portavoce di Google Germania, ha osservato che leggi come quella appena promulgata non servono perché “gli editori e le altre aziende che lavorano in Rete possono innovare assieme, esattamente come ha fatto Google in molti Paesi del mondo“.
La normativa tedesca, commentano alcuni osservatori, introdurrebbe inoltre un certo grado d’incertezza: non viene infatti chiarita in modo certo la definizione di “frammento” o “ritaglio” del testo. Non è dato sapere con esattezza, ad esempio, quanti caratteri di un testo possono essere riprodotti da un qualunque motore di ricerca per in incorrere in dispute legali e sanzioni.
Quella approvata a Berlino è una legge della quale non si sentiva proprio il bisogno. Ancora oggi, purtroppo, qualcuno stenta oppure preferisce non riconoscere il valore del motore di ricerca quale strumento per promuovere le proprie attività, editoriali o meno. Basti pensare che Google, così come qualunque altro motore di ricerca, mette a disposizione un semplice strumento per evitare che le pagine di un sito web vengano automaticamente indicizzate: si chiama robots.txt
ed è uno speciale file testuale che, posto nella directory radice del sito, permette di impedire la visita di qualunque motore. Specificando, ad esempio, User-agent: Googlebot
e, alla riga successiva, Disallow: /
, Google si dimenticherà completamente dell’intero sito web. Chi pensa che la mancata indicizzazione del proprio sito web possa portare vantaggi non avrebbe che da compiere, quindi, un’unica operazione, senza la necessità di alcuna legge “ad hoc”.