Le memorie FRAM rappresentano una tecnologia di archiviazione interessante, capace di immagazzinare dati in un materiale speciale chiamato “ferroelettrico“. A differenza delle memorie RAM che conosciamo e utilizziamo ogni giorno, le FRAM sono non volatili e possono conservare i dati per decenni. La velocità di scrittura è molto superiore a quella delle memorie flash e le scritture non sono un problema. Si parla di migliaia di miliardi di operazioni di scrittura senza alcun segno di degrado.
A fronte di vantaggi apparentemente così indiscutibili, le FRAM sono rimaste poco utilizzate nei dispositivi informatici moderni. Perché? In primis per l’elevato costo di produzione che ne restringe l’utilizzo a specifiche applicazioni di nicchia.
Origini e sviluppo della FRAM
Le memorie ferroelettriche hanno radici che risalgono agli anni ’50, con diverse aziende come Bell Labs, IBM e RCA impegnate nella ricerca e nello sviluppo di questa tecnologia. Tuttavia, i problemi tecnici riscontrati durante quel periodo, insieme alla crescita di altre forme di memoria come quella a core magnetico, portarono a un temporaneo abbandono della ricerca sulle FRAM.
Solo negli anni ’80, grazie all’intraprendenza di George Rohrer e alla nascita di Ramtron, la FRAM ebbe una seconda opportunità. Il primo chip di memoria da 256 bit fu lanciato nel 1988, aprendo la strada a modelli più capienti negli anni successivi.
Come funziona la FRAM
Il principio di funzionamento delle memorie FRAM si basa sul fenomeno della ferroelettricità. In una configurazione simile a quella di un condensatore tradizionale, la FRAM utilizza un materiale ferroelettrico come dielettrico, ovvero lo strato isolante tra le piastre del condensatore. Il materiale può mantenere una polarizzazione elettrica anche in assenza del campo elettrico, permettendo lo stoccaggio di dati sotto forma di bit. Quando si applica una tensione positiva, il materiale si polarizza in un determinato stato (1), mentre una tensione negativa lo polarizza in un altro stato (0).
La peculiarità della FRAM risiede nel fatto che il processo di lettura dei dati richiede la “distruzione” del valore letto, rendendo necessario riscrivere il dato subito dopo la lettura, una caratteristica che la accomuna alla memoria a core magnetico usata negli anni ’60.
Struttura interna del chip FRAM
Ken Shirriff, esperto già noto per le sue meticolose attività di reverse engineering e, ad esempio, per il recente disassemblaggio di uno storico chip Intel 386, ha voluto analizzare la struttura interna delle memorie FRAM. Come racconta Shirriff, uno degli aspetti più affascinanti della FRAM è la sua complessa struttura tridimensionale.
Ogni bit di memoria è formato da due condensatori, ciascuno con un cubo di materiale ferroelettrico, come il titanato di zirconato di piombo (PZT), che costituisce il dielettrico tra le piastre di condensatore. Un design particolare che richiede numerosi passaggi di produzione non comuni nella fabbricazione tradizionale di circuiti integrati, rendendo le FRAM notevolmente più costose da produrre rispetto alle memorie flash o DRAM.
I segreti custoditi nel chip ferroelettrico
Come fa sempre, Shirriff è voluto scendere in profondità, pubblicando una serie di interessantissime foto della struttura delle memorie FRAM.
Un tipico chip FRAM è costituito da diversi blocchi funzionali che lavorano in sinergia per garantire il corretto funzionamento della memoria. La struttura di base include:
- Blocchi di memoria: La memoria è divisa in più blocchi, ciascuno contenente migliaia di condensatori ferroelettrici, che memorizzano i bit di dati. Ad esempio, nel chip FM24C64 di Ramtron, la memoria è organizzata in 4 blocchi principali, ognuno con file di condensatori ferroelettrici.
- Linee word e plate: I condensatori ferroelettrici sono attivati tramite linee word (orizzontali) e linee plate (verticali). Le linee forniscono i segnali necessari per polarizzare il materiale ferroelettrico all’interno del condensatore e memorizzare un bit di informazione. Nel caso specifico, le linee plate sono realizzate in platino, grazie alla sua alta conduttività e resistenza.
- Decodificatori: I decodificatori di riga selezionano la colonna di memoria corrispondente all’indirizzo fornito, mentre i driver delle linee plate generano gli impulsi elettrici che permettono di leggere e scrivere i dati nei condensatori ferroelettrici.
- Sense amplifiers: Questi dispositivi svolgono un ruolo cruciale nel rilevare il valore di carica immagazzinato nei condensatori. Nel chip Ramtron analizzato da Shirriff, ogni amplificatore riceve segnali da due condensatori per bit (uno polarizzato positivamente e uno negativamente). L’amplificatore confronta questi segnali per determinare se il bit memorizzato è 0 o 1. Per via della natura della distruttiva della lettura, come spiegato in precedenza, dopo ogni lettura il bit deve essere riscritto nel condensatore.
FRAM costa 1.000 volte più di una memoria flash tradizionale
Ramtron, azienda pioniera della tecnologia FRAM, sperava che la densità e il costo della memoria potessero competere con la DRAM, ma quanto ipotizzato non si è mai realizzato. Dopo l’acquisizione della società da parte di Cypress Semiconductor nel 2012 e successivamente di Infineon nel 2019, la FRAM rimane una tecnologia utilizzata in applicazioni di nicchia, come nei satelliti, dove è richiesta una particolare resistenza alle radiazioni.
Basti pensare che la FRAM costa oggi circa 3 dollari per megabit, una cifra che la rende quasi mille volte più costosa rispetto alla memoria flash. Tuttavia, le sue particolari caratteristiche, come la durata estrema e la velocità di scrittura, la rendono ancora interessante per specifiche applicazioni industriali e tecnologiche.
Immagine in apertura: il die del chip FRAM Ramtron FM24C64 (fonte: Ken Shirriff)