Si parla sempre più spesso delle nuove specifiche WiFi e di quanto possano aiutare in termini di copertura del segnale e di velocità raggiungibili con i collegamenti wireless.
WiFi 6 è uno degli standard più recenti, ufficialmente approvato a febbraio 2021. È anche conosciuto con la sigla 802.11 ax perché, come le precedenti versioni, è stato sviluppato in seno al gruppo “11” dell’IEEE 802. IEEE è acronimo di Institute of Electrical and Electronics Engineers, associazione internazionale che ha come obiettivo la promozione delle scienze tecnologiche, mentre IEEE 802 è una commissione preposta a sviluppare standard per reti locali (LAN) e reti metropolitane (MAN).
La sigla AX si ritrova nei modelli dei router più recenti a sottolineare il supporto per WiFi 6 mentre i predecessori, compatibili al massimo con WiFi 5, espongono la sigla AC.
Le denominazioni WiFi 6, WiFi 5 e WiFi 4 sono state volute dalla Wi-Fi Alliance, organizzazione nata nel 1999 e formata da alcune industrie leader nel settore delle comunicazioni wireless con lo scopo di supportare l’adozione di un unico standard per la banda larga senza fili. La decisione, che risale al 2018, è figlia della volontà di semplificazione abbandonando i riferimenti agli standard IEEE.
La Wi-Fi Alliance è tra l’altro proprietaria del marchio Wi-Fi che è trademark registrato.
Come abbiamo scritto in altri articoli intorno alla tecnologia WiFi si affollano da anni slogan e, soprattutto, tanto marketing. Oggi che si parla moltissimo di WiFi 6 vediamo se è davvero indispensabile e se, viceversa, se ne possa fare a meno.
Cos’è WiFi 6 e quanto è veloce
Si continua ancora oggi a fare grandi proclami intorno al WiFi 6 che sulla carta – ma sottolineiamo “sulla carta” – consente di raggiungere velocità di trasferimento dati fino a 9,6 Gbps, un bel balzo in avanti rispetto ai 6,9 Gbps di WiFi 5 (802.11 ac) o ai 600 Mbps di WiFi 4 (802.11n; in tutti i casi sulle frequenze dei 5 GHz).
Questi numeri sono rilevabili in condizioni ottimali, “da laboratorio”. Il mondo reale è molto diverso e le prestazioni rilevabili tutti i giorni sono molto più contenuto.
Per conoscere la reale velocità della WiFi abbiamo bisogno di un router o di un access point e di un client, come un notebook. Entrambi i dispositivi devono supportare lo stesso standard WiFi e quindi il medesimo livello di prestazioni a sua volta determinato dal numero di flussi o stream che una singola banda WiFi può gestire.
Da un lato possiamo avere ad esempio router WiFi 6 quad-stream (4×4) o più “conservativi” dual-stream (2×2): la maggior parte dei client sono di tipo 2×2 quindi non permettono di sfruttare le prestazioni più elevate. Lo schema dual-stream 2×2 consente comunque di raggiungere già ottime prestazioni: non vi preoccupate. Anzi, rappresenta il giusto equilibrio tra prestazioni wireless e consumo energetico risultando particolarmente adatto per i dispositivi mobili.
In un altro articolo abbiamo spiegato nel dettaglio il significato di bande di frequenza, canali e stream WiFi.
In generale, sulla banda dei 5 GHz WiFi 6 assicura una velocità di base di 1,2 Gbps (1200 Mbps) per flusso. Una connessione dual-stream 2×2 ha una velocità massima di 2,4 Gbps per arrivare a 4,8 Gbps di picco nel caso del quad-stream.
Sulla banda dei 2,4 GHz WiFi 6 offre circa 288 Mbps per flusso anche se in condizioni reali i valori sono più contenuti tanto che le prestazioni sono paragonabili a quelle del WiFi 4 (il WiFi 5 non supporta i 2,4 GHz; vedere anche la tabella riassuntiva di Intel).
Possiamo dire che nel migliore dei casi un router WiFi 6 utilizzato con un client WiFi 6 2×2 può consentire il trasferimento dati in modalità wireless a 1 Gbps.
Teoricamente WiFi 6 dovrebbe fornire fino a circa tre volte le prestazioni di WiFi 5: la realtà è ben diversa e non sempre WiFi 6 è più veloce. Una connessione WiFi 5 di alto livello può essere più veloce di una WiFi 6 di medio livello.
I valori di 2,4 Gbps per una connessione dual-stream e 4,8 Gbps nel caso di quad-stream sono inoltre applicabili solo quando i dispositivi client si collegano usando un canale a 160 MHz. Ancora oggi tanti dispositivi non supportano canali WiFi a 160 MHz, anche se dichiarati compatibili con WiFi 6.
Sono disponibili solo due canali a 160 MHz sulla banda dei 5 GHz ed entrambi richiedono l’uso dello spettro DFS (Dynamic Frequency Selection). Le frequenze usate nel caso di DFS sono condivise con le apparecchiature radar, ad esempio quelle meteorologiche e quelle installate negli aeroporti. Queste hanno ovviamente sempre la precedenza: di tanto in tanto l’uso dei canali a 160 MHz con DFS attivo può quindi causare brevi disconnessioni e non è possibile sfruttare le massime prestazioni velocistiche.
Quando si chiede a un router di usare i canali DFS, ad esempio quando si sceglie di attivare i canali a 160 MHz, il dispositivo impiegherà un tempo più lungo – tra 1 e 10 minuti – per predisporsi.
Per assicurare massima compatibilità e stabilità, il WiFi 6 permette ovviamente l’uso di canali più stretti a 80, 40 e 20 MHz. La banda disponibile si ridurrà così di un fattore 2.
Nel caso in cui si utilizzasse un canale a 80 MHz una connessione WiFi 6 2×2 assicurerebbe al massimo 1200 Mbps o 600 Mbps per flusso, un valore che non è molto più elevato dei 433 Mbps di WiFi 5.
Riflettiamo quindi su un altro aspetto degno di nota: dispositivi quad-stream (4×4) WiFi 5 che hanno una velocità massima di 1733 Mbps con canali a 80 MHz possono fornire prestazioni migliori rispetto alle controparti WiFi 6 2×2 Wi-Fi 6 utilizzando canali di uguale larghezza (si fermano a 1200 Mbps).
Ovviamente le velocità di trasferimento dati realmente sperimentate dagli utenti potrebbero risultare ancora decisamente più basse perché le performance sono figlie di molteplici fattori tra cui anche il posizionamento del router, la sua struttura, la distanza dei client, le interferenze, la presenza di ostacoli e così via.
Ciò che è bene evidenziare, ancora una volta, è che i produttori di router spingono tantissimo sulla leva del marketing sommando tutti i flussi sulle varie bande in un unico (grande) numero: così troverete all’apparenza fantasmagorici router AX6000, AX11000 e così via. Da cosa derivano questi numeri? Dalla somma della larghezza di banda che possono potenzialmente fornire i dispositivi: ad esempio nel caso di AX11000 si sommano 4,8 Gbps sui 5 GHz x2 e 1148 sui 2,4 GHz.
Poiché una connessione WiFi avviene su una singola banda alla volta la banda migliore che viene utilizzata determina la velocità massima ottenibile, non la banda disponibile su tutte le varie frequenze o il numero totale di flussi. Ne abbiamo parlato nell’articolo sui dati dei router WiFi oggetto di riflessione.
Il router AX11000 preso come esempio poco sopra può quindi fornire in WiFi 6 4×4 4,8 Gbps a un client compatibile, anch’esso 4×4, oppure 2,4 Gbps a un client 2×2.
Questo inoltre avviene se e solo se il router è chiamato a comunicare con un singolo client: in caso di più dispositivi che trasferiscono dati contemporaneamente la larghezza di banda viene suddivisa tra tutti i client collegati.
Anche quando si copiano dati, ad esempio, tra due dispositivi WiFi 6 2×2 (2,4 Gbps) che utilizzano la stessa banda la velocità si fermerà a 1,2 Gbps.
Tornando alla domanda iniziale, quindi, il WiFi 6 è indispensabile? No, assolutamente. Come spiegato nell’articolo alcuni router WiFi 5 di fascia alta possono offrire prestazioni migliori durante le prove sul campo e in condizioni di utilizzo reali.
In termini di raggio di copertura del segnale WiFi non cambia nulla tra WiFI 5 e WiFi 6: è come semmai il router è ingegnerizzato, la presenza di più antenne e soprattutto l’utilizzo di soluzioni WiFi mesh che possono aiutare, e molto.
Anzi, WiFi 6 funziona bene per i sistemi WiFi mesh molto più di quanto non faccia il WiFi 5: le prestazioni saranno più elevate con lo standard WiFi più recente.
In cosa è davvero meglio WiFi 6 rispetto a WiFi 5
Il punto di forza del WiFi 6 è che lo standard supporta l’utilizzo della tecnologia OFDMA (Orthogonal Frequency-Division Multiple Access): essa permette di migliorare efficienza spettrale dal momento che permette di suddividere i canali wireless disponibili aumentando la quantità di dati che possono essere inviati e ricevuti contemporaneamente da e verso i dispositivi collegati.
Immaginate una banda Wi-Fi come un’autostrada: i canali sono corsie di diverse dimensioni (misurate in MHz).
La tecnologia MIMO (Multiple Input, Multiple Output) permette di usare più corsie della stessa dimensione, indipendentemente dal carico da trasportare. È sicuramente meglio che usare un solo veicolo che deve andare avanti e indietro tra luogo di partenza e di destinazione ma non è il massimo dato che si devono usare sempre camion di grandi dimensioni per essere sicuri di poter trasportare qualsiasi carico.
Con MU-MIMO (Multiple User, Multiple Input, Multiple Output) si usano più veicoli di tipo diverso a seconda delle dimensioni o del tipo di carico. Tutti i router WiFi 6 supportano comunque MU-MIMO.
Passando a ODFMA il carico da trasportare viene suddiviso in piccole porzioni di dimensioni standard che possono adattarsi perfettamente a qualsiasi veicolo.
Nessuna delle tre tecniche citate aumenta la larghezza di banda in una WiFi ma aiutano la rete a lavorare in modo più efficiente, soprattutto in un ambiente dove sono presenti dispositivi che supportano standard WiFi e velocità differenti.
WiFi 6 permette invece di compiere un importante passo in avanti sul piano del risparmio energetico estendendo la durata delle batterie dei dispositivi portatili. Ciò è in larga parte dovuto all’introduzione di una caratteristica chiamata TWT (Target Wake Time): essa pone il modulo wireless in modalità sleep quando è inattivo e lo risveglia soltanto quando necessario.
Differenza tra WiFi 6 e WiFi 6E
Per risolvere il problema della disponibilità di un numero congruo di frequenze sulle quali far transitare i dati alla massima velocità è stato ideato e approvato lo standard WiFi 6E che per la prima volta dopo decenni introduce la possibilità di utilizzare una nuova banda. Accanto a quelle sui 2,4 e 5 GHz, con WiFi 6E si possono utilizzare frequenze sui 6 GHz.
Rispetto allo spettro di frequenze sui 6 GHz utilizzabile negli Stati Uniti e in altri Paesi (1200 MHz), in Europa è stato approvato l’utilizzo di un intervallo più ridotto largo 480 MHz: ecco i canali disponibili in Europa per WiFi 6E.
Con l’uso dei canali extra-large a 160 MHz le frequenze sui 5 GHz esauriscono velocemente: passando ai 6 GHz i dispositivi WiFi possono usare blocchi di spettro più contigui senza ricorrere a DFS e senza dover abbinare canali più stretti.
Ovviamente il passaggio a WiFi 6E (i dispositivi che supportano il nuovo standard sono comunque “retrocompatibili” con WiFi 6, WiFi 5 e WiFi 4…) ha dei costi.
Le frequenze sui 6 GHz implicano innanzi tutto una portata inferiore (inferiore raggio di copertura del segnale WiFi) rispetto ai 5 GHz e ancor di più rispetto ai 2,4 GHz. Per secondo è necessario nuovo hardware compatibile WiFi 6E, a partire dai client.
Insomma, non c’è bisogno di correre ad abbracciare WiFi 6 se si dispone di un buon router WiFi 5 anche perché si correrà il rischio – concreto – di non sfruttarlo al massimo delle sue potenzialità. Tanto dipende dai client che si utilizzano in rete locale e dalle loro caratteristiche: ne abbiamo parlato nell’approfondimento sulle velocità WiFi realisticamente ottenibili con i vari standard.
Il passaggio a WiFi 6 e, soprattutto, a WiFi 6E richiederà del tempo perché i client dovranno a loro volta adeguarsi.
Nel frattempo già si parla di WiFi 6 Release 2 pensato per ottimizzare soprattutto le prestazioni in upload e WiFi 7. Calma, non c’è nessuna fretta.
Ovviamente tutte le considerazioni in termini di larghezza di banda disponibile sulla rete WiFi locale vanno anche poste in correlazione diretta con la connessione broadband o ultrabroadband eventualmente disponibile. Se non la connettività offerta dall’operatore di telecomunicazioni non permettesse di superare almeno 300 Mbps in downstream, la “corsa al gigabit” in ambito LAN ha poco senso a meno che non si debbano trasferire di frequente, all’interno della rete locale, file di dimensioni particolarmente pesanti: si pensi ad esempio ai backup di interi server o workstation.