Anche andando ad intuito, è facile ipotizzare che la ricarica della batteria di uno smartphone sia un’operazione poco costosa. Le batterie dei dispositivi più compatti sono comunque piccole potendo garantire una manciata di Wh (wattora).
Con un’unità di misura come il wattora si esprime infatti l’energia complessiva fornita dalla batteria (potenza elettrica di un Watt mantenuta per un’ora).
Nel caso degli smartphone e dei tablet di solito ci si limita a parlare dei mAh o milliampereora: questo valore indica la capacità di carica della batteria.
Le batterie degli smartphone vengono confrontate usando i mAh e non i wattora perché la tensione non cambia tra i modelli dei vari produttori ed è sempre attestata tra 3,6 e 3,8 V.
Come calcolare quanto costa ricaricare la batteria
Ci sono due modi per calcolare quanto costa ricaricare una batteria. Uno è molto preciso in quanto consente di misurare l’esatta quantità di energia utilizzata a livello di presa dal caricabatterie e dalla batteria.
L’altro è meno preciso perché utilizza i valori di targa stampati sulla batteria per determinare la quantità di energia richiesta per ripristinare un’autonomia pari al 100%.
Qualunque sia il metodo che si sceglie di usare si ha ovviamente bisogno di un’informazione cruciale ovvero il costo dell’energia a kilowattora (kWh). Digitate nella casella di ricerca di Google costo kilowattora: il motore di ricerca mostra immediatamente il valore medio applicato in Italia dai vari gestori.
Se si desidera una risposta precisa alla domanda “quanto costa caricare il mio dispositivo?” è necessario effettuare una misurazione con il caricabatterie collegato alla presa elettrica piuttosto che calcolare il costo in base alla capacità energetica della sola batteria.
Il motivo è semplice: ogni utilizzo di elettricità comporta una perdita. Parte dell’energia utilizzata in fase di ricarica si disperde e il rendimento si attesta intorno al 60%. L’energia viene dispersa sotto forma di calore dissipato (vi sarà capitato di sentire caricabatterie e dispositivo caldi al tatto durante o dopo un’operazione di ricarica), viene consumata dal sistema di stabilizzazione della tensione e da vari strumenti di “segnalazione”, compresi eventuali LED.
In commercio è possibile trovare diversi misuratori di consumo elettrico: impostando il costo a kWh dell’energia è possibile sapere immediatamente quanto incide sulla bolletta ogni attività di ricarica.
Indipendentemente dalle dimensioni e dalla capacità della batteria quali informazioni sono utili per stimare i costi di ricarica?
Innanzitutto è necessario conoscere la tensione e l’amperaggio della batteria, informazioni che – come dicevamo in precedenza – sono solitamente stampate sull’involucro protettivo della batteria. Quando non si avesse accesso diretto alla batteria di un dispositivo, è possibile cercare questi dati tra le specifiche tecniche.
In alcuni casi certe batterie sono già etichettate con la corrispondente dicitura espressa in Wh. Diversamente, è necessario effettuare una conversione in Wh.
Per le batterie più piccole come quelle degli smartphone, una volta che si conoscono i valori V e Ah si può utilizzare la semplice equazione:
Successivamente il valore in Wh ottenuto deve essere diviso per 1.000 in modo da ottenere il dato in kWh, l’unità utilizzata per fatturare il consumo elettrico.
A questo punto basta moltiplicare il valore in kWh per il costo desunto in precedenza così da calcolare la spesa per ciascuna operazione di ricarica.
Prendendo come esempio una batteria da 3.000 mAh (ovvero 3 Ah) che lavora a 3,6 V, si ha un consumo per singola ricarica di circa 0,011 kWh.
Supponendo di ricaricare lo smartphone una volta al giorno per 365 giorni (per alcuni modelli ciò non si fa perché la batteria riesce a resistere per più di una giornata lavorativa), si ottiene un consumo annuo di circa 4 kWh. Moltiplicando tale valore per il costo dell’energia a kilowattora si ottiene un valore di circa 1-1,8 euro.
Per ricaricare la batteria dello smartphone per un anno intero sulla carta si possono spendere quindi anche meno di 2 euro.
Come abbiamo evidenziato in precedenza, il dato relativo alla spesa in bolletta può però variare in maniera significativa se si considerano il rendimento e quindi le dispersioni in fase di ricarica. Gli scostamenti più rilevanti possono emergere usando batterie e caricabatterie di vecchia generazione.
Inoltre, l’assorbimento energetico continua anche quando il telefono è lasciato in fase di carica per tutta la notte. Anche quando si lascia collegato lo smartphone alla presa elettrica per tante ore, con l’autonomia già ripristinata al 100%, prosegue una fase di ricarica lenta che comunque consuma energia.
Tempi di ricarica della batteria
Effettuando delle prove con i vari smartphone in commercio ci si accorge che già con i primi cicli di ricarica i tempi per riportare l’autonomia al 100% non corrispondono mai con quelli dichiarati dal produttore.
Rispetto a quanto indicato nelle specifiche, infatti, la fase di ricarica continua per diversi minuti (talvolta anche 50 nel caso di alcuni modelli) prima che l’indicatore della batteria raggiunga effettivamente il 100%.
La cosa importante da notare è che le batterie si caricano più lentamente man mano che si avvicinano alla capacità massima. Durante quest’ultima fase di ricarica a tensione costante la corrente di carica scende fino a pochi milliampere rispetto agli ampere utilizzati durante la ricarica rapida (che è la fase intermedia nella ricarica delle batterie dei moderni smartphone).
La tensione della batteria è sensibile alla corrente, alla capacità e alla temperatura, quindi il modo più sicuro per completare la carica della batteria fino al 100% è farlo lentamente con la minor quantità di corrente possibile.