Passando da una generazione all’altra dei processori Intel e AMD la loro dimensione rimane immutata. Perché ciò accade se i processi costruttivi divengono sempre più avanzati?
La dimensione media del gate di ciascun transistor che compone un processore è espressa usando il nanometro (nm) come unità di misura: Nanometro, unità di misura utilizzata per descrivere le CPU: ecco perché.
Ma se le dimensioni in nanometri continuano a ridursi, perché – con l’importante eccezione degli AMD Threadripper – perché la superficie dei processori rimane sostanzialmente invariata?
Se prendiamo in esame un processore Intel Core Sandy Bridge di seconda generazione presentato nel 2011, esso misura 37,5 x 37,5 mm ed è stato realizzato con un processo litografico a 32 nm.
Un Comet Lake di decima generazione misura oggi sempre 37,5 x 37,5 mm pur essendo prodotto a 14 nm.
Nonostante i progressi sul versante litografico, le dimensioni sono identiche nonostante siano trascorse otto generazioni di processori. Perché?
Produrre chip più piccoli introduce innegabili vantaggi:
- Minori costi produttivi con un utilizzo inferiore delle materie prime
- Latenza inferiore sulla componentistica interna
- Maggiore resa per wafer di silicio
- Maggior numero di processori prodotti per singolo wafer
Ogni volta che un produttore di processori come Intel o AMD usa un processo litografico “più spinto”, la densità dei transistor aumenta notevolmente. Basti pensare che un Sandy Bridge del 2011 integra 1,16 miliardi di transistor mentre nel caso di un Comet Lake ci si attesta intorno ai 3,8 miliardi di transistor, valore sostanzialmente identico a quello di un AMD Ryzen 3700X.
La densità di transistor aumentata consente di far crescere il valore IPC (Istruzioni per ciclo), le prestazioni grezze, il numero di core fisici e l’efficienza (performance per watt).
Le dimensioni dei processori non vengono ridotte, quindi, perché i passi in avanti sul versante litografico vengono sfruttati, innanzi tutto, per migliorare le prestazioni.
In seconda battuta, va detto che sia Intel che AMD usano “stampi” di una dimensione prefissata all’interno degli stabilimenti: riciclare quanto in uso precedentemente permette di riutilizzare anche circuiti stampati e IHS (Integrated Heat Spreader) già adottati.
Se ad ogni nuova generazione di processori Intel e AMD ne rivedessero le dimensioni, i produttori di schede madri potrebbero trovarsi in grave difficoltà perché i socket dovrebbero essere continuamente riadattati. Stessa cosa dicasi per i dissipatori che dovrebbero essere completamente rivisti nel design.
Il terzo e ultimo aspetto cruciale ha a che fare con le temperatura e con la dissipazione del calore: più piccolo è un componente elettronico, meno superficie si ha a disposizione per rimuovere il calore generato.
Se un processore fosse troppo piccolo, quindi, sarebbe molto più difficile rendere un dissipatore abbastanza efficiente e sorgerebbero non pochi problemi anche in termini di funzionamento e stabilità della CPU.
Nel corso degli anni le revisioni in termini di dimensioni sui processori si sono limitati a pochi millimetri, un aspetto che non ha causato problemi all’intera industria dell’hardware.