Negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera e propria rivoluzione del mondo dei pannelli per TV e monitor. I pannelli OLED, ad esempio, non sono più una prerogativa dei display di piccole dimensioni, come quelli usati negli smartphone, e sono dapprima sbarcati sui televisori per poi arrivare anche sui monitor.
Nel prossimo futuro si parlerà tanto di monitor OLED e LCD basati su tecnologia Mini LED.
Con una luminosità di 250 cd/m2 gli attuali OLED emettono meno luce rispetto agli LCD, che partono da 500 cd/m2. In questo senso non si possono non citare gli sforzi di LG Display che dal secondo trimestre 2022 ha spostato l’intera produzione sui pannelli OLED.EX che tra le altre cose migliorando significativamente la luminosità, fino al 30% in più rispetto agli OLED convenzionali.
Gli OLED, d’altra parte, soffrono ancora dell’annoso problema del burn-in che si manifesta sui monitor per PC che mostrano prevalentemente contenuti statici.
Abbiamo chiarito quanti colori può vedere l’occhio umano e cosa sono gli spazi colore o color gamut, modello matematico che facendo uso di coordinate definiscono un insieme di colori. Quando vengono presentati i monitor si parla di frequente della copertura di spazi colore come sRGB e Adobe RGB. Tale valore è espresso in percentuale ma in generale non è particolarmente utile.
Ha molto più senso esaminare il valore ΔE, in grado di offrire un interessante riscontro sull’accuratezza cromatica.
ΔE (DeltaE) definisce l’accuratezza cromatica
Il parametro ΔE è più importante rispetto all’indicazione della copertura dello spazio colore perché suggerisce quanto un colore reso sul monitor è vicino all’informazione cromatica che l’occhio umano riceve davvero. L’algoritmo utilizzato per la standardizzazione dell’accuratezza cromatica è stato definito nel 1974 dalla CIE (International Commission on Illumination) con l’aggiornamento più recente che risale ormai al 2000.
Il valore ΔE = 0 è ottenibile soltanto in linea teorica ed esprime la perfetta coincidenza tra il colore reso dal monitor e quello percepito dall’occhio umano. All’atto pratico, le discrepanze con ΔE < 1 sono difficilmente riconoscibili; quelle comprese tra 1 e 2 sono rilevabili osservando il display molto da vicino. Quando ΔE supera 3 l'accuratezza cromatica sarà in generale molto bassa. Nessun monitor può comunque avvicinarsi a un ΔE = 0, neppure dopo una calibrazione con colorimetro/spettrofotometro.
Per lavorare senza problemi con applicativi per l'editing di foto e video oltre che in generale con le applicazioni di grafica, il valore ΔE deve essere il più basso possibile e comunque posizionarsi sotto 2.
La calibrazione del monitor è di solito effettuabile in hardware per i monitor professionali in quanto le informazioni correttive sono memorizzate nella Look-Up Table (LUT).
I monitor meno costosi consentono soltanto la calibrazione via software: in questo caso le correzioni sono gestite attraverso i cosiddetti profili ICM e integrate a livello di driver: Windows permette di calibrare il monitor e migliorarne la resa.
Tra i vantaggi della calibrazione hardware c’è ad esempio il fatto che le impostazioni cromatiche del monitor restano indipendenti e non hanno alcuna correlazione con il PC e le applicazioni software utilizzate.
La LUT determina inoltre l’accuratezza con cui l’immagine trasferita dalla scheda grafica viene poi gestita internamente: i monitor progettati per la gestione delle immagini utilizzano LUT da almeno 14 bit mentre per i migliori si sale a 16 bit.
I monitor LCD basati su tecnologia Mini LED
I display a cristalli liquidi o LCD sembravano ormai sul viale del tramonto ma una serie di innovazioni hanno permesso di renderli nuovamente attuali.
I monitor Mini LED hanno introdotto il concetto di local dimming che verrà sempre più portato all’estremo: l’idea è di ottimizzare la retroilluminazione in modo preciso così da arrivare a illuminare i singoli pixel.
La retroilluminazione FALD (Full LED Array Local Dimming) o Direct Full Array consente di gestire l’accensione e lo spegnimento dei diodi LED in maniera precisa e puntuale lavorando “a zone”. Il numero delle zone può variare significativamente tra un prodotto e l’altro ed è questo il parametro discriminante in termini di qualità del monitor.
Dal momento che ogni “zona” viene gestita in modo indipendente rispetto alle altre, con più “zone” è possibile regolare con precisione l’emissione di luce spegnendo completamente i diodi LED per ottenere il nero quando necessario, e passare al bisogno alla massima luminosità garantita dal pannello.
I migliori monitor che utilizzano la tecnica FALD usano più di 1.000 zone “dimmerabili” riuscendo ad assicurare rapporti di contrasto elevati e avvicinandosi alle performance degli OLED.
Il numero delle “zone” che possono essere controllate in modo mirato ha un effetto diretto sul prezzo del monitor ma è verosimile che la tecnologia possa diventare sempre più economica nel prossimo futuro.
Prendendo come esempio un OLED 4K con risoluzione 3840 x 2160 pixel, il monitor può usare oltre 8 milioni di zone (basta effettuare la moltiplicazione) perché ogni pixel è completamente autonomo. Sebbene anche gli LCD Mini LED “sulla carta” siano un passo indietro rispetto agli OLED, la tecnica FALD ha permesso di ottenere risultati impressionanti per ciò che concerne la qualità dell’immagine.
Nel caso dei monitor LCD Mini LED chi ha bisogno di una retroilluminazione che agisce in modo così preciso? Chi lavora ogni giorno con l’editing dei video e delle immagini oltre ai videogiocatori, ad esempio.
Chi svolge lavoro di ufficio e utilizza wordprocessor, presentazioni e fogli elettronici non ha bisogno di schermi OLED o LCD basati sulla tecnologia FALD. Bastano monitor LCD convenzionali molto più economici.
La risoluzione è in questo caso un fattore importante: su un monitor da 27 pollici, l’utilizzo della risoluzione Full HD (1920 x 1080 pixel) porta ad avere solamente 82 ppi circa.
I ppi o densità dei pixel è fondamentale perché valori più elevati consentono di ottenere immagini migliori e più nitide.
Un monitor da 27 pollici a uso ufficio dovrebbe quindi assicurare almeno una risoluzione WQHD con 2560 x 1440 pixel e 109 ppi. La densità di 100 ppi dovrebbe essere sempre considerata come un “valore soglia” di riferimento sotto il quale è bene non scendere.
Per migliorare la resa del testo sui monitor che utilizzano un valore ppi elevato, Windows permette di attivare un fattore di zoom pensato per gli schermi high-DPI.
Gli utenti che lavorano in ufficio spesso necessitano di molto spazio: è quindi certamente possibile collegare due monitor al PC ma si può anche far cadere la propria scelta su un monitor ultrawide con rapporto d’aspetto 21:9, 24:10 o addirittura 32:9.
Usare due monitor affiancati è di solito la scelta più economica ma con un ultrawide non ci sono cornici aggiuntive e si può lavorare con un unico desktop.
Abbiamo visto le differenze tra monitor curvi e piatti: più ampio è uno schermo in orizzontale, più facilmente si avrà a che fare con un monitor curvo.
Le miniature dell’articolo ritraggono un monitor AOC Agon PRO PD32M Porsche Design.