Una distribuzione Linux è un sistema operativo basato su kernel Linux, che ne costituisce il cuore del sistema. Le migliori distro Linux includono, al di sopra del kernel, un insieme di software di sistema, librerie, strumenti di sviluppo e applicazioni preinstallate. L’obiettivo principale consiste nel fornire una soluzione completa e funzionale per le varie categorie di utenti.
Ciascuna distribuzione Linux utilizza un sistema di gestione dei pacchetti (package manager) per semplificare l’installazione, la rimozione e l’aggiornamento del software. Esempi comuni di sistemi di gestione dei pacchetti sono APT (Debian e Ubuntu; .deb
), YUM (Fedora, Red Hat e CentOS; .rpm
) e Pacman (Arch Linux). Ne abbiamo parlato anche nell’articolo su come creare un server Linux. Le varie tipologie di pacchetti non sono compatibili l’una con l’altra.
Esistono poi pacchetti self-contained chiamati AppImage, Snap e Flatpak. Quelli citati sono tre formati utilizzati per distribuire applicazioni sui sistemi Linux. Essi forniscono un modo per confezionare un’applicazione con tutte le sue dipendenze in un unico pacchetto, rendendo l’installazione e la gestione delle applicazioni più semplici e portabili tra diverse distribuzioni Linux.
Facciamo qualche nome: le migliori distro Linux del 2024 per usi generici
La caratteristica più “palese” di una distro Linux è, evidentemente, il suo desktop environment ossia l’ambiente desktop come GNOME, KDE, Xfce, LXQt, MATE e altri ancora (se ne contano oltre 20 ad oggi…), che fornisce un’interfaccia grafica per l’utente. A un livello più basso risiedono una serie di servizi di sistema per le attività di networking, la gestione della grafica, dell’audio, degli aggiornamenti di sistema e così via.
Ogni distribuzione ha la sua propria filosofia, scopo e obiettivo, ma tutte le distro condividono il kernel (anche se la versione può variare) e mantengono la compatibilità con le applicazioni GNU/Linux. Il kernel Linux può includere o meno patch e modifiche aggiunte dai singoli vendor; inoltre, alcune distro sono LTS (Long Term Support) cioè offrono un supporto a lungo termine.
La disponibilità di un numero estremamente elevato di distribuzioni differenti, che combinano molte delle caratteristiche brevemente menzionate in precedenza, è un po’ sia la forza che, allo stesso tempo, la debolezza della filosofia Linux. Lo diceva lo stesso Linus Torvalds, nel 2019, sostenendo che almeno su desktop Linux deve fare fronte comune e porre rimedio alla confusione ingeneratasi negli anni.
Ubuntu
Ubuntu è una delle distribuzioni Linux più popolari e ampiamente utilizzate, con una comunità di sviluppatori e utenti molto attiva. È conosciuta per la sua facilità d’uso e per l’esperienza utente intuitiva. L’installazione è relativamente semplice, e l’interfaccia grafica, di solito basata su GNOME, è amichevole per gli utenti che si stanno avvicinando per la prima volta al sistema operativo Linux. Offre un’elevata compatibilità con una vasta gamma di hardware, il che significa che è possibile installare Ubuntu su molti dispositivi, senza incontrare problemi di driver.
La distribuzione supportata da Canonical segue un ciclo di rilascio regolare, con nuove versioni che escono ogni sei mesi. Tuttavia, le versioni LTS sono manutenute per un periodo di cinque anni, aspetto particolarmente apprezzato negli ambienti aziendali e da coloro che desiderano una maggiore stabilità e affidabilità nel tempo.
Grazie all’eccezionale supporto per Docker e per le soluzioni di containerizzazione in generale, Ubuntu è una scelta popolare per gli utenti interessati a creare “contenitori” separati per l’esecuzione di applicazioni specifiche (insieme con tutti i rispettivi requisiti) e di piattaforme “ad hoc”.
Manjaro
Manjaro è una distro Linux che si mette in evidenza per la sua installazione semplice, per l’interfaccia user-friendly, per le abilità in fase di riconoscimento e configurazione dell’hardware, per il sistema di aggiornamento di tipo rolling-release. Un sistema operativo caratterizzato da un modello di aggiornamento di tipo rolling release è caratterizzato da un flusso costante e continuo di update software. A differenza dei modelli di versionamento “a rilascio fisso” (point release), in cui le nuove versioni del sistema operativo vengono rilasciate a intervalli definiti (come avviene nel caso di Ubuntu), il modello rolling release punta ad adattare costantemente il sistema e le applicazioni man mano che nuove versioni diventano disponibili.
Pop!_OS
Una delle distribuzioni che apprezziamo di più, in assoluto, è Pop!_OS. Sviluppata dal produttore hardware System76, Pop!_OS prende le mosse da Ubuntu – che ne costituisce la fondamenta – ma consegna nelle mani degli utenti un desktop environment GNOME altamente personalizzato che rende molto dolce il passaggio a Linux per gli utenti storicamente abituati a usare workstation basate su Windows. In un altro articolo abbiamo presentato anche System76 e, in breve, illustrato il funzionamento dei sistemi che progetta e commercializza, tutti costruiti intorno a Linux.
Per chi si avvicina adesso al mondo Linux, altre distro “umane” sono le seguenti: Linux Mint, ZorinOS, Elementary OS, MX Linux ed Endeavour OS.
Quali sono le distro Linux più utilizzate dagli esperti
La distro Linux “madre” di tante distribuzioni derivate, Ubuntu compresa, è ovviamente Debian. Si tratta di un vero e proprio punto di riferimento, della colonna portante per tanti amministratori IT che vi basano i loro sistemi usati in produzione. Debian è una distribuzione super stabile, che può contare su un’estesa e affidabile comunità di sviluppo.
La filosofia di Debian è di non fare mai concessioni rispetto a driver proprietari o soluzioni che non espongono completamente il loro codice sorgente. Tutto ciò che “gira” su Debian e che risulta disponibile negli estesi repository è completamente open source.
Per l’utilizzo sia in ambito desktop che server, ricordiamo openSUSE, ampiamente nota per il supporto di più desktop environment e per la sua flessibilità.
Arch Linux è invece una vera e propria gemma per gli esperti che prediligono un approccio completamente autonomo alla configurazione e alla gestione del sistema operativo. È allo stesso tempo una distribuzione leggera che poggia il suo funzionamento su uno schema rolling-release per la distribuzione e l’installazione degli aggiornamenti.
Impossibile non citare, poi, Kali Linux. Una distribuzione un po’ particolare perché è concepita in particolare per gli esperti di cybersecurity, per attività di penetration testing, per svolgere audit delle configurazioni utilizzate per proteggere le reti e i singoli sistemi. Ciò non toglie che Kali Linux possa essere utilizzata anche in ambito desktop per installare ed eseguire la totalità dei pacchetti software destinati al pinguino.
Due parole sulle distribuzioni immutabili
Alle distribuzioni Linux citate in precedenza, aggiungiamo anche le distro Linux immutabili: sono nate in ambito server ma più di recente hanno acquistato popolarità anche lato desktop.
Le distribuzioni Linux immutabili adottano uno schema che impedisce la modifica dello stato del sistema operativo una volta installato e avviato. Tutte le modifiche applicate sul sistema, sulle librerie e a livello di configurazioni, sono temporanee e vengono perse al riavvio. Grazie a questo approccio, in caso di problemi o di necessità di ripristino a uno stato precedente, è possibile riavviare il sistema e tornare a uno stato sicuramente funzionante. L’impossibilità di applicare modifiche permanenti riduce il rischio di errori o comportamenti imprevisti, contribuendo a una maggiore stabilità del sistema.
Qualche considerazione finale su Red Hat
Il mondo Red Hat ha subìto un vero e proprio terremoto lo scorso anno, quando Red Hat ha annunciato la sostituzione del progetto CentOS, popolare distribuzione derivata da Red Hat Enterprise Linux (RHEL), con CentOS Stream.
La decisione ha generato una ridda di polemiche all’interno della comunità Linux, soprattutto per via della limitazione dell’accesso pubblico ai sorgenti RHEL. SUSE, Oracle e CIQ si sono alleate per creare distro compatibili RHEL mentre molti utenti hanno abbracciato alternative come Rocky Linux e AlmaLinux. Nel nostro articolo abbiamo spiegato come quest’ultima è rimasta compatibile con RHEL pur non usando codice Red Hat.
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