Acronimo di complementary metal-oxide semiconductor CMOS è una tecnologia usata nell’elettronica digitale nell’ambito della produzione di circuiti integrati.
Alla base del funzionamento di una struttura circuitale come il CMOS vi sono i transistor a effetto di campo MOSFET.
Chip CMOS vengono utilizzati in molteplici ambiti applicativi dell’informatica: vediamo i due casi di più comune impiego.
Si tratta di un dispositivo che consuma una quantità minima di energia ed è immune al rumore generato da altri componenti hardware posti nelle vicinanze.
CMOS: sulla scheda madre per memorizzare il BIOS
Il termine CMOS viene abitualmente utilizzato per descrivere il componente installato sulle schede madri che contiene il BIOS, una memoria non volatile che contiene le routine software necessarie per l’avvio della macchina nonché per controllare la presenza e il corretto funzionamento di componenti fondamentali come tastiera, RAM, dischi fissi e SSD, porte, schede video: Come entrare nel BIOS su qualunque dispositivo.
Il CMOS presente sulle schede madri (e parte integrante del southbridge) viene alimentato usando una batteria a bottone ovvero una comune pila CR2032. Essa viene chiamata batteria CMOS o batteria tampone.
La maggior parte delle batterie CMOS riescono a durare quanto la vita della scheda madre, fino a 10 anni nella maggior parte dei casi, ma a volte devono essere sostituite a seconda di come viene utilizzato il dispositivo.
Data e ora del sistema errate (con l’orologio che una volta reimpostato tende a rimanere sempre indietro), la perdita delle impostazioni del BIOS (con la segnalazione che viene mostrata all’avvio della macchina) sono i segni principali di una batteria CMOS ormai esaurita. Sostituirla è molto semplice (vedere l’articolo Come cambiare la batteria tampone se l’orologio rimane indietro per tutte le indicazioni) anche se dopo averla rimpiazzata bisognerà verificare con attenzione le impostazioni del BIOS/UEFI (Che cos’è UEFI e quello che c’è da sapere sul nuovo BIOS) premendo eventualmente il tasto funzione che consente di ripristinare la configurazione predefinita.
Mentre la maggior parte delle schede madri la posizione della batteria CMOS è evidente, alcuni computer più compatti (come alcuni notebook e tablet) utilizzano un piccolo scomparto esterno nel quale è alloggiata la batteria tampone.
Togliendo la batteria CMOS si azzererà la configurazione del BIOS che verrà riportato allo stato “di fabbrica”. Alcune schede madri sono dotate di un jumper (un “ponticello”) che spostato opportunamente permette di resettare il circuito e ripristinare la configurazione iniziale. In alcuni casi è addirittura presente un CMOS jumper ovvero un piccolo pulsante che permette di ottenere lo stesso effetto senza bisogno di rimuovere la batteria.
È importante sottolineare che CMOS e BIOS non sono termini intercambiabili per esprimere il medesimo concetto: cooperano per fornire una funzione specifica su ciascun dispositivo ma sono due componenti completamente diversi.
Il sensore CMOS: che cos’è e dove viene utilizzato
Il sensore CMOS, pur basandosi sulle stesse tipologie di componenti elettronici, viene invece utilizzato nelle fotocamere digitali per finalità completamente differenti rispetto a quelle sin qui descritte.
Nelle fotocamere il sensore CMOS viene utilizzato per convertire le immagini in dati. Esso è formato da milioni di sensori di pixel ognuno dei quali include un fotoricettore. Quando la luce entra nella fotocamera attraverso l’obiettivo colpisce il sensore d’immagine CMOS che fa sì che ogni fotoricettore accumuli una carica elettrica in base alla quantità di luce in ingresso (al numero di fotoni “catturati”). Ne abbiamo parlato nell’articolo Megapixel: il mito in campo fotografico e le immagini gigapixel.
I sensori CMOS sono ormai una scelta estremamente comune perché usano meno energia e possono trasmettere dati più velocemente rispetto ai CCD (Charged Coupled Device), seppur generalmente più costosi.
Il CMOS, inoltre, è in grado di eseguire tanti compiti direttamente sul chip evitando quindi l’invio dei dati al firmware o al software della fotocamera per l’elaborazione. Può ad esempio già effettuare una riduzione del rumore ed eseguire direttamente processi di conversione analogico-digitale. Alcune fotocamere eseguono anche il lavoro di messa a fuoco automatica sul CMOS stesso in modo da migliorare ulteriormente le prestazioni complessive.
Gli enormi investimenti delle principali aziende produttrici ha permesso, col tempo, di ridurre i costi di produzione dei chip CMOS tanto che adesso sono in grado di lavorare a 108, 144 Megapixel e oltre anche se spesso pochi Megapixel ben illuminati possono fare la differenza rispetto a configurazioni che hanno dietro molto lavoro in termini di marketing.
Basti pensare che Samsung sta utilizzando le tecnologie Tetracell e Nonacell, quest’ultima ha fatto il suo debutto nei Galaxy S20.
Nel caso di Tetracell un sensore Quad Bayer acquisisce informazioni sulla luce da quattro fotoricettori unendo i dati provenienti da quattro pixel (pixel binning) da 0,8 μm in uno solo da 1,6 μm.
Con Nonacell ci si spinge ancora più avanti usando una struttura con di tre per tre pixel: vengono uniti nove pixel adiacenti da 0,8 μm per imitare un pixel da 2,4 μm. Viene così più che raddoppiato l’assorbimento della luce rispetto alla tecnologia Tetracell.
Qual è il vantaggio? Le informazioni sulla luminosità saranno acquisite in maniera più puntuale e realistica permettendo l’ottenimento di foto di qualità anche con una scarsa illuminazione. Ovviamente la risoluzione dell’immagine sarà pari a quella complessiva del sensore divisa per 3 oppure per 9. Ad esempio, nel caso in cui il sensore CMOS sia da 108 Megapixel, immagini con questa risoluzione potranno essere acquisite soltanto in condizione di illuminazione ottimali: con Tetracell e Nonacell si scenderà rispettivamente a scatti da 27 e 12 Megapixel.