Il numero uno dell’FBI, James Comey (nella foto a metà articolo), dopo le parziali rivelazioni dei giorni scorsi (Sblocco dell’iPhone 5C, Cellebrite non ha aiutato l’FBI), ha ammesso che la cifra versata dall’ente investigativo di polizia federale, principale braccio del Dipartimento della Giustizia statunitense, ai consulenti che si sono fatti carico dello sblocco dell’iPhone 5C dell’attentatore di San Bernardino, è più o meno pari alla somma degli stipendi che egli riceverà da qui a sette anni, prima del pensionamento.
Calcolatrice alla mano, quindi, l’FBI ha pagato circa 1,3 milioni di dollari per sbloccare l’iPhone 5C appartenuto a Syed Rizwan Farook, il terrorista che lo scorso 2 dicembre – insieme con la moglie – provocò una strage presso un centro per disabili in California.
La cifra, però, non è da considerarsi propriamente “fuori mercato”: Zerodium, società attiva nel campo della sicurezza informatica, aveva ad esempio messo sul piatto un milione di dollari promettendo il “premio” a qualunque ricercatore che avesse scoperto una vulnerabilità di primo piano nel sistema operativo iOS 9 di Apple (Apple iOS 9, una vulnerabilità da 1 milione di dollari?).
Nonostante la cifra sborsata, che neanche troppo indirettamente è tratta dalle tasse versate dai cittadini, l’FBI ha dichiarato che continuerà ad avvalersi di consulenti esterni – ad esempio – per accedere al contenuto dei terminali appartenenti alle persone coinvolte in indagini delicate e di primaria importanza.
Ad oggi non è ancora nota, ufficialmente, l’identità dei tecnici che hanno aiutato l’FBI nello sblocco dell’iPhone 5C di Farook.
In un primo tempo tutti gli indizi facevano pensare alla israeliana Cellebrite ma il coinvolgimento dell’azienda è stato più volte smentito.