Come noto, le attività di Google sono attualmente al vaglio dell’antitrust, sia in Europa che negli Stati Uniti. L’obiettivo è quello di verificare che il colosso di Mountain View non abbia abusato della sua posizione dominante nel mercato dei motori di ricerca, a danno delle aziende rivali. In questo nostro articolo avevamo già dato notizia delle rassicurazioni di Eric Schmidt, oggi presidente esecutivo di Google, che ha voluto sottolineare come la società non utilizzi particolari tecniche con l’obiettivo di ostacolare i concorrenti.
Nelle scorse ore è stato pubblicato in Rete un documento che offre alcuni dettagli “inediti” circa le dichirazioni rese da Schmidt in occasione dell’audizione dinanzi alla commissione del Senato statunitense competente in materia di antitrust. L’ex numero uno di Google ha infatti dipinto la tecnologia “Siri” di Apple come un esempio di innovazione significativa. “Google ha molti concorrenti forti e talvolta anche noi falliamo nell’anticipare le mosse della concorrenza per ciò che riguarda le nuove metodologie per l’accesso alle informazioni“.
“Siri“, lo ricordiamo, è una sorta di “assistente personale” digitale. Portato al debutto col lancio dell’iPhone 4S, “Siri” è capace di interpretare le richieste dell’utente, avanzate in forma vocale, rispondendo in modo adeguato. Il meccanismo, ad esempio, è capace di effettuare ricerche sul web, impostare avvisi e scadenze, verificare le quotazioni di borsa, il meteo e così via, senza alcun tipo di interazione con il telefono, comandando lo smartphone unicamente con istruzioni vocali.
Schmidt, insomma, presenta “Siri” come un esempio di tecnologia destinata a modificare le abitudini degli utenti nel ricercare le informazioni sul web. Per il presidente esecutivo della società fondata da Larry Page e Sergey Brin, insomma, Apple starebbe diventando a tutti gli effetti un concorrente di Google anche nel segmento delle ricerche online.
Non è dato sapere se le affermazioni su “Siri” siano state rese per riconoscere la tecnologia targata Apple come una vera e propria minaccia al business di Google oppure se, semplicemente, si sia voluto spostare altrove l’attenzione dipingendo quello delle ricerche online come un mercato sempre aperto e ben lungi dall’essere ingessato da una sola azienda.