È sempre più “dietro l’angolo” il rincaro del cosiddetto “equo compenso”, la tassa che viene imposta ai produttori ed agli importatori di prodotti elettronici finalizzati alla riproduzione o alla registrazione di contenuti digitali come indennizzo sull’utilizzo e la copia privata delle opere protette da diritto d’autore.
Il nuovo Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, Dario Franceschini, dopo il precedente rinvio (per motivi di salute personali) della discussione sull’equo compenso fissata per lo scorso 10 marzo, si appresta adesso a metter mano alla normativa.
Si tratta di un nodo particolarmente spinoso che vede contrapposti, da tempo, associazioni dei consumatori, associazioni di categoria (Confindustria Digitale, Anitec, Assinform e Asstel), SIAE e rappresentanti dell’industria discografica e cinematografica e che rappresenta un’eredità delle disposizioni varate a fine 2009 dell’ex ministro Sandro Bondi.
Il timore, da parte di consumatori ed associazioni, è che sia sempre più imminente l’approvazione di aumenti che – stando alle tabelle diffuse nelle scorse settimane – potrebbero addirittura aggirarsi nell’ordine del 500% (ne avevamo parlato a febbraio quando pubblicammo la notizia di alcune importanti prese di posizioni da parte dell’ex ministro Massimo Bray: Equo compenso: parziale dietrofront del ministero).
“Farò una scelta, probabilmente mi farò fucilare da tutti, è così quando si affrontano queste mediazioni, ma è un mio dovere aggiornare le tabelle che sono ferme al 2009“, ha dichiarato Franceschini che si dimostra quindi piuttosto convinto nel voler riproporre e, probabilimente, aumentare il balzello dell’equo compenso. “(…) Il diritto d’autore è quello che consente la libertà all’artista, quello che gli garantisce il suo spazio di creatività. Il diritto d’autore è stato uno dei temi centrali dell’incontro della scorsa settimana dei ministri della Cultura dell’Ue ed è in cima all’agenda europea, perché tutte le nuove tecnologie comportano questioni attinenti il diritto d’autore“, prosegue il neo ministro.
Settimana prossima, quindi, con buona probabilità si parlerà di aumenti rispetto all’equo compenso valutando se vi siano margini ed opportunità per eliminare alcuni prodotti elettronici dalla lista dei “tassati”.
Altroconsumo, da parte sua, ha presentato un’istanza per accedere ai risultati della ricerca di mercato commissionata dall’ex ministro Bray.
L’obiettivo è quello di verificare se e quanto le nuove tariffe sull’equo compenso che la SIAE sta spingendo perché vengano al più presto adottate, siano davvero giustificate dall’uso che i consumatori fanno di smartphone, tablet, personal computer ed altri dispositivi elettronici.
Viene quindi innanzi tutto chiesta trasparenza considerato che, come ricorda l’avvocato Guido Scorza sul suo blog, si sta parlando di una cifra importante (compresa tra 150 e 180 milioni di euro), l’importo equivalente a quello che “i consumatori italiani devono pagare (e dovranno versare in misura maggiore se gli aumenti verranno confermati, n.d.r.) ogni volta che acquistano un supporto o un dispositivo (smartphone, tablet, pc) astrattamente idoneo ad essere utilizzato, tra l’altro, per registrare una copia di un brano musicale o di un film già regolarmente acquistati“.
Proprio nei giorni scorsi, Confindustria Digitale, Anitec e Assotelecomunicazioni-Asstel, hanno chiesto al ministro Franceschini di astenersi dalla firma del decreto sull’equo compenso fintanto che non saranno condivisi da tutte le parti metodi basati su presupposti rigorosi e scientifici per il calcolo delle tariffe.
La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea: nella determinazione dell’equo compenso non si debbono prendere in considerazione le “copie illegali”
L’avvocato Fulvio Sarzana ha evidenziato sul suo blog un’importante novità. La Corte di Giustizia europea ha infatti appena stabilito che nel determinare le tariffe di equo compenso non è possibile tenere conto della cosiddetta “copia illegale” o comunque non realizzate a partire da una copia dell’opera legittimamente acquisita.
L’equo compenso, insomma, riguarda solamente la possibilità di effettuare copie private di un’opera protetta dal diritto d’autore che sia stata precedentemente acquistata in modo regolare da parte del consumatore.