A distanza di circa quattro anni, arriva un nuovo scontro nelle aule del tribunale tre Epic Games e Google. L’azienda nota principalmente per il suo motore grafico e il battle royale Fortnite ha fatto nuovamente causa a Big G, e questa volta ha puntato il dito anche contro Samsung.
Perché Epic Games ha fatto causa a Google e Samsung
Le due società sono accusate di aver cospirato illegalmente per indebolire gli app store di terze parti. Ma cosa c’entra Samsung? Quest’ultima, afferma Epic, avrebbe giocato le sue carte tramite la funzione “Auto Blocker”, che è attivata di default sui suoi smartphone più recenti. Per chi non la conoscesse, questa impedisce automaticamente agli utenti di installare applicazioni a meno che non provengano da fonti autorizzate, che nel caso dei Samsung Galaxy sono due: il Play Store di Google e, ovviamente, il Galaxy Store. Ebbene, secondo Tim Sweeney, per gli store di terze parti non sarebbe in alcun modo possibile diventare una “fonte autorizzata”.
Questa causa, rispetto a quella del 2020 intentata contro Apple e Google, è più attuale che mai, dal momento che nei paesi dell’Unione Europea, grazie al Digital Markets Act, aziende come Epic possono rilasciare i propri store su iOS, iPadOS e Android (qui la guida per scaricare gratis Fortnite su iPhone). Ed è possibile negli uffici di Cary, nel North Carolina, non credano alle coincidenze: poco prima del debutto dell’Epic Games Store per dispositivi mobili, infatti, Samsung ha reso attiva di default la funzione Auto Blocker sui suoi dispositivi.
Per l’azienda statunitense è inaccettabile che un utente debba affrontare così tanti ostacoli per installare l’Epic Games Store sul proprio Samsung Galaxy (“un processo eccezionalmente oneroso di 21 passaggi”), cosa che potrebbe portare proprio l’utente a gettare la spugna. E in realtà, anche disattivare la funzione sembra fin troppo complicato, con tanto di avviso sulla sicurezza che potrebbe far venire qualche dubbio ai più timorosi. Ma anche su questo Tim Sweeney, CEO di Epic, ha qualcosa da dire, affermando che “Auto Blocker non esegue alcuna valutazione della sicurezza di specifiche fonti e/o applicazioni, […] ed è una funzione progettata per ostacolare la concorrenza, non per proteggere il dispositivo dai malware“.
In ogni caso, la battaglia tra le parti potrebbe rivelarsi più lunga del previsto, perché il sopracitato Sweeney ha dichiarato di non avere al momento delle prove che possano confermare le pratiche di ostruzionismo di Google e Samsung.