La Corte europea dei diritti dell’uomo ha posto una pietra miliare accogliendo il ricorso di un dipendente di un’azienda che, circa dieci anni fa, era stato licenziato per aver utilizzato la posta elettronica e altri strumenti di comunicazione per fini personali (in particolare, per colloquiare con i familiari).
Le comunicazioni personali dell’ingegnere rumeno Bogdan Barbulescu erano state monitorate, a sua insaputa, dalla società per la quale lavorava. I vertici dell’azienda, dopo le verifiche effettuate, ha deciso di interrompere il rapporto di lavoro.
Nel 2016, la corte di Strasburgo aveva espresso un giudizio più severo stabilendo che le comunicazioni dei dipendenti non possono essere oggetto di monitoraggio e che l’utilizzo degli strumenti messi a disposizione dall’azienda deve avvenire esclusivamente per finalità professionali: Vietato usare l’email aziendale per messaggi personali.
Oggi la Corte europea dei diritti dell’uomo assume una decisione che, nel caso di Barbulescu, dà ragione al dipendente.
I giudici hanno infatti stabilito che i dipendenti devono essere informati ogniqualvolta l’azienda ponga in essere attività di monitoraggio e verifica delle comunicazioni elettroniche.
C’è insomma una sottile linea di demarcazione tra il diritto alla privacy dell’utente e il diritto dell’azienda a richiedere un utilizzo esclusivamente professionale degli strumenti di comunicazione messi a disposizione.
I dipendenti devono usare email e software di messaggistica sulla postazione aziendale solo per finalità lavorative ma, di contro, il datore di lavoro non può monitorare i dati scambiati se non informando preventivamente gli impiegati.
Sebbene la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo non faccia legge, influenzerà certamente il legislatore.