C’è un post tecnico-scientifico che in queste ore ha letteralmente fatto il giro del mondo. Dal titolo “Reingegnerizzazione del codice sorgente del vaccino BioNTech/Pfizer“, mette sotto la lente il funzionamento del preparato in corso di utilizzazione nella lotta contro il Coronavirus (SARS-CoV-2).
Il lavoro pubblicato dall’olandese Bert Hubert è davvero favoloso perché con parole semplici racconta in maniera approfondita e puntuale su quali leve agisce un vaccino come quello di BioNTech/Pfizer basato su RNA messaggero (mRNA).
La base di partenza utilizzata da Hubert è questo documento condiviso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): contiene la descrizione del mRNA usato nel vaccino.
Anche se BNT162b2 (noto anche come Tozinameran o Comirnaty), ovvero il preparato BioNTech/Pfizer, è un liquido iniettabile si può analizzarne il “codice sorgente” perché formato da una serie di caratteri che si ripetono nella stessa sequenza.
Hubert osserva che il Coronavirus può essere descritto usando circa 7,5 KB (7.500 caratteri) mentre il mRNA di BioNTech/Pfizer con 4.284 byte (quindi quasi 4,3 KB).
Una singola dose vaccinale da 30 microgrammi contiene qualcosa come 25 Petabyte ma si tratta della ripetizione per circa 2000 miliardi di volte della stessa sequenza da 4.284 byte.
In attesa dell’arrivo dei computer quantistici, qualunque elaboratore di tipo tradizionale basa il suo funzionamento su lunghe sequenze di 0 e 1: Codice binario, bit e byte: cosa c’è da sapere.
La natura, invece, utilizza unità (nucleosidi) che si ripetono a livello di acidi nucleici (DNA e RNA) contraddistinte in chimica con le lettere A, C, G e U/T. Ogni nucleoside può essere rappresentato in digitale usando 2 bit.
Per far comprendere come funziona il vaccino BioNTech/Pfizer Hubert fa continui efficaci parallelismi con il mondo informatico.
Già nei primi byte del sorgente condiviso da OMS si trovano infatti caratteri ψ. Hubert spiega che si tratta di un trucco che la scienza ha scoperto e messo a punto negli ultimi anni: sostituendo i nucleosidi U con ψ il sistema immunitario della persona che riceve il vaccino non “drizza le antenne” e non si attiva per annientare “l’estraneo”.
Il codice utilizzato per descrivere, mediante l’iniezione vaccinale, la struttura della proteina Spike alla base del nuovo Coronavirus viene così preso per buono dal sistema immunitario che lo farà proprio e scatenerà una reazione per impedire il processo riproduttivo a livello cellulare se e solo se dovesse venire rilevata una successiva reale infezione.
I primi 500 byte del mRNA BNT162b2 (vaccino BioNTech/Pfizer).
La molecola ψ (1-metil-3′-pseudouridina) viene considerata come una delle più grandi scoperte scientifiche degli ultimi decenni e secondo lo stesso Hubert porterà in futuro all’assegnazione di diversi premi Nobel.
Essa infatti riesce a placare il sistema immunitario ma le varie componenti delle cellule la considerano comunque come un normale nucleoside U.
È un trucco ben noto anche in ambito informatico, spiega Hubert: “a volte è possibile inviare una versione leggermente alterata di un messaggio che confonde i firewall e le soluzioni di sicurezza ma che è ugualmente accettata come valida“.
Il sorgente del vaccino BioNTech/Pfizer utilizza quindi dapprima un “cappello” (GA
) per assicurarsi che l’RNA inoculato appaia al sistema immunitario come mRNA ordinario (un po’ come avviene nel mondo Windows con il prefisso MZ
o nei sistemi Unix-like con #!
per contraddistinguere rispettivamente file eseguibili e script altrettanto eseguibili).
Si passa poi a una sequenza di 51 byte che contengono un po’ l’equivalente di metadati per far accettare il vaccino da parte del sistema immunitario.
Dal momento che l’obiettivo è quello di indurre il sistema immunitario a produrre grossi quantitativi della proteina Spike del SARS-CoV-2, vengono adoperati ribosomi che leggeranno un filamento di RNA e avvieranno la produzione di aminoacidi. Questi ultimi si ripiegheranno poi su loro stessi a formare una proteina.
Il peptide di segnalazione della glicoproteina S fornirà quindi indicazioni alla proteina sul “luogo” che essa deve raggiungere.
Il virus utilizza una struttura che ha la forma di un corpuscolo sul quale sono presenti una serie di “punte”. Poiché il vaccino esorta il sistema immunitario alla produzione della proteina essa, di base, non vorrebbe montata su alcun corpo.
Utilizzando i risultati di una ricerca recente, databile 2017, quando si era al lavoro su una soluzione contro SARS-CoV-1 e MERS, il vaccino sfrutta l’uso di un aminoacido chiamato Prolina che diventa il supporto per “montare” correttamente la proteina che descrive la Spike del SARS-CoV-2.
La parte finale del sorgente del vaccino si conclude con le indicazioni ridondanti di “stop” a confermare che le indicazioni per la produzione della proteina terminano in quel punto.
Seguono un’ultima sequenza di byte che dà stabilità al filamento di mRNA e una coda di nucleosidi A frutto di un’ottimizzazione dei ricercatori.
L’analisi pubblicata da Hubert è quindi una lettura caldamente consigliata che aiuta a comprendere “i fondamentali” del vaccino e a scoprire quali “tasti” vengono azionati per sviluppare le armi da scatenere a contrato di un’eventuale successiva infezione.
Per approfondire, suggeriamo anche la lettura dell’articolo di Edward Nirenberg.