È tutto vero: lo smartphone ascolta le conversazioni e offre pubblicità mirate

Un'azienda che si occupa di advertising conferma che i dati acquisiti tramite il microfono dello smartphone possono essere utilizzati per veicolare agli utenti pubblicità mirate. È possibile già oggi, dice. E poi cancella il post.

Qualche volta sembra che lo smartphone ci spii. Si parla di un argomento specifico e, a stretto giro, si cominciano a veder apparire pubblicità su quella stessa tematica. Com’è possibile? È forse il microfono del dispositivo mobile che raccoglie ciò di cui si parla? Lo smartphone ascolta e trasferisce i dati a società specializzate?

D’altra parte, la tecnologia per porre in essere questo tipo di operazione è oggi ampiamente disponibile: basta un’applicazione che attivi il microfono, inizi a registrare, attivi un motore speech-to-text (conversione del parlato in testo a scorrere) e inoltri queste informazioni a un server remoto che le elabora e produce un profilo ben preciso degli interesse e delle preferenze di ciascun utente.

In un altro articolo, tuttavia, abbiamo voluto mettere in evidenza che è certamente importante verificare quali app usano il microfono sul proprio dispositivo mobile. Ma è ancora più importante controllare i permessi associati alle applicazioni che si installano. In questo senso, Android ha compiuto importanti passi in avanti attivandosi per rimuovere i permessi delle app che non si usano spesso.

Smartphone ascolta le conversazioni: lo conferma un’azienda specializzata

Una società con sede negli USA ha confermato di aver sviluppato un sistema che registra le conversazioni degli utenti, raccoglie i dati, li elabora in-cloud e permette ai suoi clienti di esporre messaggi pubblicitari mirati ed estremamente efficaci.

La pagina, prima pubblicata sul sito ufficiale dell’azienda, e poi rimossa in fretta e furia, dettaglia il meccanismo di raccolta del parlato tramite smartphone e altri dispositivi intelligenti (come gli speaker basati sugli assistenti digitali che utilizziamo nelle nostre case…). Date un’occhiata al contenuto della pagina che resta accessibile tramite Web Machine: “è vero. I tuoi dispositivi ti ascoltano. Con Active Listening, CMG ora può utilizzare i dati vocali per indirizzare la tua pubblicità esattamente alle persone che stai cercando“, si legge.

La società fa anche degli esempi pratici: si pensi a due persone che, in famiglia, parlano dell’imminente scadenza del leasing di un’autovettura, dell’interesse ad effettuare certi tipi di investimenti, dell’intenzione di fare acquisti, un viaggio, di comprare un prodotto cosmetico, di risolvere un problema a casa o in ufficio… Ecco, la tecnologia Active Listening può intercettare queste conversazioni, “comprendere” i desideri degli utenti e proporre inserzioni “ad hoc” su qualunque piattaforma: motori di ricerca (Google e Bing), YouTube, pubblicità display, social network, Internet TV…

È legale? L’azienda tranquillizza i propri clienti spiegando che è tutto perfettamente legale perché gli utenti autorizzano lo smartphone all’ascolto non appena accettano i termini e la policy sulla privacy delle applicazioni che scaricano e installano sui loro terminali. In altre parole, sono gli utenti ad accettare esplicitamente la raccolta dei dati.

Attenzione ai permessi assegnati alle app e al contenuto dell’informativa sul trattamento dei dati personali

Per evitare utilizzi impropri delle informazioni raccolte attraverso il microfono dello smartphone o di altri dispositivi intelligenti, resta essenziale verificare a quali applicazioni si è concessa la possibilità di usare il microfono stesso. Sia su Android che su iOS, è possibile accedere alle impostazioni di sistema e scorrere la lista delle app che possono effettivamente accedere al microfono.

È anche possibile fare in modo che le alcune app siano autorizzate a usare il microfono solo durante l’uso: in questo modo, se l’acquisizione di informazioni è essenziale, si può limitarla ai momenti in cui si necessità effettivamente dell’app, evitando attivazioni in background. Lo smartphone ascolta, insomma, se e solo se si concedono espliciti permessi per farlo.

Come sottolineiamo nell’articolo citato in apertura, tante app usano permessi pericolosi per la privacy e la riservatezza dei propri dati. Il problema non è soltanto il microfono. Anzi, con l’aggiunta di icone che ne segnalano l’utilizzo in tempo reale, il microfono sta progressivamente diventando un “sorvegliato speciale”.

Ci sono invece permessi insidiosi che possono consentire ad applicazioni sviluppate con l’obiettivo di rastrellare dati altrui, di leggere le liste dei contatti, i calendari, il contenuto del dispositivo (a livello di file system), di effettuare la geolocalizzazione dell’utente e molto altro ancora.

Bisognerebbe quindi diventare il più possibile selettivi quando si installano app sui propri dispositivi mobili e, soprattutto, leggere con particolare attenzione l’informativa sul trattamento dei dati personali. In questo modo è possibile capire, ad esempio, quali e quanti dati sono raccolti, come vengono utilizzati, per quali fini e da quali soggetti.

Le app Android contenenti componenti traccianti: ecco come scovarle

Tra le varie possibilità a disposizione degli utenti per valutare la “bontà” di un’applicazione Android, c’è anche il servizio Exodus. Il funzionamento è davvero molto semplice.

Provate a cercare sul Google Play Store una qualunque applicazione quindi portatevi nella corrispondente scheda descrittiva. A questo punto copiate l’intero URL della scheda del Play Store all’interno della casella di ricerca Cerca un report, Nome applicazione di Exodus.

L’applicazione estrae automaticamente il nome identificativo dell’app Android (spesso inizia con com.) quindi ne riporta, poco più sotto, l’elenco delle versioni. Per ciascuna di esse, Exodus indica la lista dei tracker e dei permessi che utilizza, evidenziando le autorizzazioni che possono potenzialmente rivelarsi più pericolose. Parlando di microfono, non è propriamente lo smartphone che ascolta gli utenti ma le singole applicazioni impostate e configurate per farlo.

Credit immagine in apertura: iStock.com/FangXiaNuo

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