La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha appena stabilito che non costituisce reato linkare, in una pagina web, risorse protette dalle disposizioni a tutela sul copyright e pubblicate su siti di terzi. La scelta dei giudici europei è stata motivata in modo ampio ed articolato (vedere questa pagina per consultare il testo completo) purtuttavia, in due righe, si può riassumere quanto stabilito spiegando che è possibile inserire link verso opere soggette a copyright se qeuste sono offerte al pubblico senza alcun tipo di limitazione.
Non potrebbe essere diversamente. Un giornalista, un blogger, i gestori di una testata online o di un qualunque sito web, debbono avere la possibilità di inserire riferimenti (link o collegamenti ipertestuali) a risorse pubblicate altrove. È uno dei principi base per un web libero ed aperto, per un web che possa semplificare l’individuazione e la diffusione di informazioni e conoscenza, uno dei pilastri eretti da Tim Berners-Lee.
La vertenza legale vedeva contrapporsi due siti Internet svedesi: uno accusava l’altro di aver indebitamente pubblicato link verso propri articoli senza averne preventivamente richiesto l’autorizzazione. La Corte di Giustizia ha stabilito che l’autorizzazione non serve se vengono linkati documenti già pubblicamente accessibili a qualsivoglia utente.
Diverso sarebbe stato il caso in cui il sito avesse offerto le indicazioni per superare eventuali restrazioni che, ad esempio, consentono di riservare l’accesso e la consultazione degli articoli ai soli utenti abbonati. Nel caso di specie, invece, si sono linkati semplicemente contenuti “pubblici” senza quindi alterare in alcun modo l’audience del sito che detiene i diritti d’autore sulla pubblicazione dei vari articoli.
La sentenza non riguarda ovviamente (e non ne fa neppure menzione) quelle attività di linking poste in essere per fare riferimento a contenuti protetti da copyright e pubblicati in Rete da parte di terzi senza detenerne alcun diritto. In altre parole, chi inserisce link a contenuti “pirata” che non svolga un ruolo di “intermediario della comunicazione” (motore di ricerca, sito web che ospita contenuti prodotti dagli iscritti,…) può essere chiamato a rispondere del suo operato nonostante il materiale sia ospitato su server gestiti da terzi.
La decisione della Corte di Giustizia è comunque importante perché mette un freno alle “derive”, in termini legislativi, che potrebbero verificarsi a livello locale.