Si aggiunge un nuovo capitolo alla battaglia legale che vede da tempo contrapposte Nintendo, da una parte, e la società fiorentina PCBox (ora conosciuta con il nome di Recoverybios) specializzata nell’applicazione di modifiche sulle console videoludiche di vari produttori.
Così come fanno anche i principali concorrenti, anche Nintendo equipaggia le sue console con un sistema DRM (Digital Rights Management) che si occupa di verificare se l’utente ha titolo per eseguire un software smascherando copie illegali. Il produttore giapponese decise di puntare il dito contro PCBox accusando l’azienda toscana di violazione della normativa a tutela del diritto d’autore.
Secondo Nintendo, infatti, PCBox commercializzerebbe strumenti (modchip) in grado di permettere di scavalcare il sistema di controllo DRM e, di fatto, facilitare la diffusione e l’utilizzo di copie illecite dei videogiochi. La normativa europea (direttiva 2001/29/CE) prevede che il produttore possa utilizzare misure tecnologiche tali da impedire o limitare atti non autorizzati dai titolari dei diritti.
I giudici del Tribunale di Milano, chiamati ad esprimersi sulla vicenda, hanno deciso di richiedere il parere della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La valutazione dell’istituzione europea è stata resa pubblica ieri ed immediatamente diffusa online.
Per i togati della Corte di Giustizia, la protezione giuridica appannaggio dei meccanismi di DRM può essere riconoscita solamente nei casi in cui gli stessi sistemi non vadano oltre gli scopi previsti dalla legge. Deve quindi valere un principio di proporzionalità secondo cui non può essere precluso l’impiego di dispositivi o l’espletamento di attività che hanno, sul piano commerciale, una finalità o un’utilizzazione diversa dall’elusione della protezione tecnologica a fini illeciti.
La Corte di Giustizia europea riconsegna la palla nelle mani del Tribunale di Milano che dovrà effettuare una puntuale analisi tecnica. L’utilizzo di modchip o di strumenti similari potrebbe non essere considerato illegale in senso assoluto dal momento che è sempre l’uso che ne fanno gli utenti finali a determinare o meno l’illecito. In altre parole, se la modifica sulla console è effettuata per aprire la stessa all’impiego di software sviluppati da terzi che di per sé sono assolutamente legittimi, non vi sarebbe alcun problema. La questione sarebbe ben diversa, invece, nel caso in cui gli utenti abusassero della modifica per eseguire software protetto da copyright senza averne alcun diritto.
“Il giudice del rinvio può altresì esaminare se i dispositivi di PC Box siano frequentemente utilizzati per la lettura di copie non autorizzate di giochi Nintendo su consolle Nintendo o se, al contrario, essi siano piuttosto utilizzati a fini che non violano il diritto d’autore“, si legge nella nota diramata dalla Corte.
Va detto che in altri Paesi europei, come Spagna e Francia, la giurisprudenza ha già riconosciuto la possibilità di usare i modchip da parte degli utenti se il loro uso consente di stimolare lo sviluppo di un mercato di titoli “alternativi”, creati da programmatori autonomi nel rispetto nelle norme sul diritto d’autore.