La notizia dell’approvazione della legge australiana che sancisce il cosiddetto diritto alla disconnessione sta facendo molto discutere anche in terra europea. Il diritto alla disconnessione è un concetto giuridico e sociale che riconosce il diritto dei lavoratori a non essere costantemente connessi e reperibili al di fuori dell’orario di lavoro. Si tratta di un’esigenza emersa in risposta all’aumento del telelavoro e della digitalizzazione, che hanno reso più facile per le aziende contattare i dipendenti anche in orari non lavorativi.
L’obiettivo è, innanzi tutto, quello di proteggere la salute e il benessere dei lavoratori, riducendo lo stress e il burnout causati da un’eccessiva disponibilità. Il diritto alla disconnessione mira inoltre a favorire un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, permettendo ai dipendenti di avere tempo per se stessi e per la famiglia.
Alcuni Paesi hanno man mano introdotte leggi specifiche per garantire il diritto alla disconnessione. Ad esempio, dal 2016 la Francia (Loi Travail) ha ratificato il concetto, obbligando le aziende a definire le modalità di utilizzo degli strumenti digitali nell’ambito del rapporto di lavoro.
Diritto alla disconnessione: cosa ha fatto l’Australia
In un mondo sempre più connesso, in cui le tecnologie digitali hanno rivoluzionato il modo di lavorare, il confine tra vita professionale e vita privata è diventato sempre più labile.
Secondo Fair Work Commission (Commissione per il Lavoro Equo), ente nazionale che funge da Autorità per la regolamentazione delle posizioni lavorative in Australia, la legge appena entrata in vigore riconosce compiutamente il diritto alla disconnessione per tutti quei dipendenti che decidono di non essere reperibili fuori dal normale orario di lavoro, a meno che il rifiuto non sia considerato irragionevole.
I datori di lavoro non possono forzare i dipendenti a rispondere a chiamate o messaggi al di fuori delle ore lavorative, contribuendo a un miglior equilibrio tra vita personale e professionale. La normativa, tuttavia, stabilisce che vi possono essere delle eccezioni alle quali non è in ogni caso possibile sottrarsi: la posizione del dipendente, le circostanze personali e l’urgenza della comunicazione.
Motivazioni e benefici della legge
La motivazione principale dietro l’introduzione di leggi che promuovano il concetto di diritto alla disconnessione, è la crescente necessità di ripristinare un equilibrio tra lavoro e vita privata. Secondo un sondaggio condotto dal Centre for Future Work, il 70% degli australiani ha riferito di aver svolto attività lavorativa al di fuori dell’orario programmato, accumulando stanchezza fisica, stress e ansia. Nel 2023, gli australiani si sono sobbarcati in media 281 ore di lavoro non retribuito, una situazione che incide notevolmente sul benessere psicofisico.
Reazioni e critiche
La legge ha già suscitato una risposta mista nel panorama politico e imprenditoriale. Da un lato, le organizzazioni sindacali, come Australian Council of Trade Unions (ACTU), hanno accolto favorevolmente la legge, sottolineando che non solo ridurrà le ore di lavoro non retribuite, ma affronterà anche la crescente crisi di malattie mentali e infortuni sul lavoro. Michele O’Neil, presidente dell’ACTU, ha affermato che il diritto alla disconnessione porterà a “più soldi in tasca, più tempo con i propri cari e maggiore libertà di vivere la propria vita“.
Dall’altro lato, ci sono preoccupazioni espresse da alcuni esponenti politici, come il leader dell’opposizione Peter Dutton, che ha promesso di abolire il diritto alla disconnessione se la sua coalizione vincesse le prossime elezioni federali nel 2025. Critiche sono arrivate anche da parte del Business Council of Australia, che ha avvertito che la legge potrebbe danneggiare la produttività e la competitività del Paese.
Esiste il diritto alla disconnessione in Italia?
E in Italia? Potete già oggi ignorare bellamente chiamate, email e messaggi inviati dal datore di lavoro fuori dagli orari di attività? Ed è possibile farlo senza ripercussioni?
Precisiamolo subito e pure a caratteri cubitali: nel nostro Paese al momento non esiste una normativa che applichi il diritto alla disconnessione per l’intera platea dei lavoratori.
Le legge n. 81/2017 parla di lavoro agile senza usare mai il termine di “diritto alla disconnessione”. L’articolo 19 stabilisce quanto segue: “l’accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, e disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore“. Insomma, il lavoratore e il datore di lavoro devono accordarsi sulle modalità di erogazione del lavoro agile (ad esempio, anche “a distanza”) concordando i tempi di riposo: “l’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro“.
Diritto alla disconnessione solo nel pubblico impiego
A differenza della Francia, quindi, in Italia non è ancora riconosciuto un vero e proprio diritto alla disconnessione. La legge n. 61/2021 contiene all’articolo n. 1-ter una considerazione importante: “è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi“.
Si tratta del primo strumento di legge tricolore che contiene un esplicito riferimento al diritto alla disconnessione. Tuttavia, come si legge nella premessa del medesimo articolo, le disposizioni risultano applicabili soltanto per il pubblico impiego, ovvero quando il datore di lavoro è lo Stato.
La legislazione italiana riconosce insomma l’importanza della “disconnessione del lavoratore”, ma attualmente lascia ampio spazio alla negoziazione individuale o aziendale per la sua implementazione pratica.
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