Digital Ghost, tra IA e ologrammi: di cosa stiamo parlando?

Cosa sono i Digital Ghost e perché rappresentano un rischio etico (e non solo) con cui dovremo presto fare i conti.

La tecnologia dell’Intelligenza Artificiale ha fatto enormi passi in avanti, con chatbot che offrono conversazioni molto naturali o in grado di generare immagini e video realistici.

Con soluzioni di questo genere, esistono concrete possibilità (o in alcuni casi rischi) che si crei una nuova nicchia di mercato dedicata ai Digital Ghost. Ma di cosa si tratta effettivamente? L’IA, a breve, potrebbe generare persone “fittizie” che non esistono o che non esistono più, andando ancora oltre quelli che oggi sono i deepfake.

In questo senso, la tecnologia potrebbe consentire di raccogliere dati suoi post dei social di una persona deceduta, attingendo alla sua posta elettronica e ad eventuali registrazioni vocali per creare una sorta di “fantasma digitale“. E tutto ciò non è fantascienza, ma risulta già possibile con alcuni servizi specifici.

L’app HereAfter, per esempio, permette di archiviare i ricordi di una persona attraverso un’intervista per poi creare un chatbot. MyWhises, invece, consente la creazione di messaggi da inviare ai propri famigliari dopo la propria dipartita.

C’è anche chi sta già lavorando per creare robot in grado di interagire con le persone, utilizzando ricordi personali e tratti della personalità altrui, come la società Hanson Robotics. Una tecnologia che si sta spingendo sempre oltre, con dubbi etici che si fanno sempre più consistenti.

Digital Ghost, i dubbi etici e non solo

Il fenomeno del Digital Ghost non è visto di buon occhio da molti. Secondo il ricercatore Arif Perdana della Monash University, istituto accademico australiano, questa pratica può portare a grosse preoccupazioni lato psicologico. Se in alcuni casi questa tecnologia può alleviare il dolore della perdita di una persona cara, in molti altri può invece renderlo ancora più atroce. Della stessa opinione è un articolo pubblicato dai ricercatori dell’Università di Cambridge, che parla apertamente di danni psicologici.

Non solo: i Digital Ghost di personaggi famosi potrebbero essere usati per aziende con fini pubblicitari, alterando le parole del defunto a proprio piacimento. Situazioni a dir poco discutibili, favorite dal proliferare di questa tecnologia.

Secondo Perdana è importante che la politica adotti soluzioni adeguate, aggiornando i quadri giuridici per affrontare al meglio eventuali casi futuri. Il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) dell’UE riconosce il diritto alla privacy dopo la morte, limitando sostanzialmente l’accesso ai social media del defunto. Nonostante ciò, i Digital Ghost e le pesanti questioni etiche a essi collegati non sono ancora trattati apertamente, il che potrebbe lasciare spazio per interpretazioni e potenziali abusi.

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